“In concomitanza con le prime alluvioni autunnali arriva anche il rapporto ISPRA sul consumo di suolo a livello nazionale e locale. E, oltre al danno le beffe, ci è pure toccato leggere da parte di qualche commentatore di arrampicate sugli specchi per sminuire il ruolo di cementificatore del centrosinistra ravennate a traino PD. Qualcuno ha avuto il coraggio di sentenziare che «Ravenna – considerata spesso maglia nera in questo campo e portata come esempio negativo – non viene indicata dal rapporto come caso particolarmente più grave di tanti altri». Sarebbe bello se fosse vero ma, come si vede dalla mappa qui acclusa, nel rapporto Ravenna è purtroppo chiaramente indicata tra le aree “rosse”, ossia tra quelle in cui ad essere cementificato è oltre il 10% del territorio. A livello provinciale al 2022 risultavano impermeabilizzati 18.908 ettari, pari al 10,18% del territorio e ad una media di 490 m2 per abitante. A livello comunale Ravenna è 13sima in Italia, tra i comuni con almeno 100mila abitanti, per incremento nel consumo di suolo rispetto all’anno precedente e prima a livello regionale per consumo assoluto: alla faccia delle promesse elettorali di consumo di suolo zero!
Questo porta un prezzo alto da pagare, ovviamente. Va ad esempio considerato che in provincia di Ravenna c’è uno scarto di quasi 5 gradi di temperatura (4,6 di media) registrato durante i mesi estivi (tra il 2017 e il 2022) tra le aree urbanizzate e quelle rurali. Il prezzo in termini di conseguenze in caso di alluvioni, invece, non ha bisogno di dati: è stato toccato con mano l’ultima volta a maggio. E costringe a tenere incrociate le dita per tutto il periodo autunnale. Come riporta ISPRA: «L’impermeabilizzazione rappresenta la principale causa di degrado del suolo in Europa, comporta un rischio accresciuto di inondazioni, contribuisce ai cambiamenti climatici, minaccia la biodiversità, provoca la perdita di terreni agricoli fertili e aree naturali e seminaturali, contribuisce insieme alla diffusione urbana alla progressiva e sistematica distruzione del paesaggio, soprattutto rurale e alla perdita delle capacità di regolazione dei cicli naturali e di mitigazione degli effetti termici locali». E sullo specifico rischio idraulico: «A livello nazionale nell’ultimo anno, l’incremento di suolo artificializzato ricadente in aree a pericolosità idraulica media, raggiunge in valore assoluto i 917,6 ettari, dei quali 433,1 solo in Emilia-Romagna».
Abbiamo già dimostrato come sia una scelta politica e non un obbligo quello di cementificare tutto quanto previsto dalla strumentazione urbanistica in vigore. Si tratta di una scelta politica con pesanti conseguenze sulla vita presente e futura delle nostre comunità che apporta vantaggio esclusivamente agli speculatori edilizi. Come si può giustificare altrimenti, se non con le pressioni della potente lobby cementiera, il continuo via libera a nuove costruzioni di abitazioni, pur in presenza di 30mila unità abitative prive di qualunque utilizzo a Ravenna? Come si fa a portare di continuo in Consiglio Comunale e in Giunta nuove lottizzazioni quando il 28,4% delle abitazioni accatastate nel nostro comune non viene locato, né dato in comodato o altrimenti abitato?
Ravenna in Comune torna a chiedere al Comune di Ravenna di fermare il rilascio di nuove autorizzazioni che portino a un incremento del consumo di suolo. Che va invece diminuito: non è affatto scontato che a ogni demolizione di superfici già edificate debba corrispondere altra cementificazione. Vanno annullate in autotutela le autorizzazioni già rilasciate in relazione a costruzioni da realizzarsi in aree dove è grave il rischio di sommersione negli eventi alluvionali. In buona sostanza è della massima urgenza una moratoria sino all’approvazione dei nuovi strumenti urbanistici.”