Ravenna Festival si porta nel nome l’impegno a essere un festival della città. Lo fa rendendo Ravenna e il suo territorio il punto di partenza e la destinazione delle rotte attraverso i più disparati territori dello spettacolo dal vivo; programmando spettacoli nei luoghi testimoni di una storia millenaria; sostenendo e stimolando le risorse umane e creative di queste terre. E quest’anno, dopo i drammatici eventi che hanno interessato la Romagna, lo fa anche attivando punti di raccolta fondi in tutti i luoghi di spettacolo.
La donazione che apre la raccolta è quella di Riccardo Muti, che ha deciso di destinare il cachet di un suo concerto alle comunità alluvionate. Una generosità dimostrata anche dai molti artisti ospiti – primi fra tutti Anne-Sophie Mutter e Sergio Bernal – che hanno rinunciato interamente o a parte dei propri compensi in un segno concreto di vicinanza alla città e al territorio, in un momento in cui anche il Festival affronta gli ingentissimi danni subiti dal magazzino di Fornace Zarattini in cui si custodiscono materiali per gli allestimenti, luci, attrezzature, costumi e tanto altro. Anche il Jordanian Italian Forum for Cooperation, che ospiterà il concerto dell’Amicizia a Jerash, donerà parte del ricavato delle vendite dei biglietti dell’evento in Giordania per il sostegno delle popolazioni colpite.
In omaggio a chi ha fatto del proprio meglio per proteggere queste terre – forze dell’ordine, protezione civile, associazioni e volontari – saranno disponibili biglietti gratuiti per gli spettacoli in programma al Pala De André, Teatro Alighieri, Pavaglione di Lugo e Palazzo San Giacomo a Russi. In questo quadro, Ravenna Festival ha voluto premiare anche quella nuova e bellissima generazione che abbiamo visto in prima linea nell’emergenza: sono stati già distribuiti 500 carnet Omaggiovani (300 in più rispetto all’anno scorso), che permettono a ragazzi fra i 14 e i 30 anni di accedere a quattro spettacoli a scelta, sempre in compagnia, per un totale di 4000 ingressi gratuiti.
Perché, come Italo Calvino conclude ne Le città invisibili, si può “cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”.