“È dallo scorso 2 maggio che il territorio della Romagna Occidentale sta subendo le disastrose conseguenze di un evento senza precedenti: le contemporanee rotte fluviali del Sillaro, del Senio, del Lamone e del Marzeno il 2 e 3 maggio, a cui hanno fatto seguito le contemporanee rotte degli stessi fiumi e anche del Santerno il 16 e 17 maggio. Il mese ormai si è concluso e l’emergenza, sebbene attenuata, è tutt’altro che terminata. Si stima, infatti, che dai fiumi pensili regionali siano fuoriusciti nel sottostante bacino di bonifica circa 400 milioni di metri cubi. Stante l’andamento pensile dei fiumi, questo enorme volume non poteva ritornare ai corpi idrici da cui si è riversato nel territorio di bassa pianura, ma viene allontanato dal reticolo di bonifica con la gradualità consentita dalla portata di progetto dei canali artificiali.
“Vale sempre la pena ribadire che i canali di bonifica sono preposti allo smaltimento delle acque di pioggia del proprio bacino scolante che, nel caso della Romagna Occidentale coincide in massima parte con la porzione di territorio compreso tra il Sillaro a ovest, il Lamone a est, il Reno a nord e la linea della via Emilia a sud – afferma il Presidente del Consorzio di bonifica della Romagna Occidentale, Antonio Vincenzi – Lo stesso discorso vale per le casse d’espansione e gli impianti idrovori. Le casse d’espansione del Canale dei Molini tra Castel Bolognese e Solarolo, quella del Brignani a Lugo, quella di Alfonsine hanno intercettato parte dell’acqua che dai fiumi attraverso le rotte e le tracimazioni è affluita ai canali, ma bisogna considerare che le rispettive portate in gioco hanno un diverso ordine di grandezza. Quella che si è verificata è un’invasione tumultuosa e violenta del bacino dei canali da parte dei fiumi, creando un’interconnessione di due reticoli progettati come autonomi e separati, come dovrebbe essere”.
L’inevitabile enorme eccesso di portata che ha sovraccaricato i canali non poteva che portare a vastissimi allagamenti di centri urbani e aree rurali. La conformazione del territorio di pianura, in lieve pendenza da sud verso nord verso il Reno, ha fatto sì che gli allagamenti, dopo aver fortemente danneggiato e in alcuni casi devastato centri urbani come quelli di Sant’Agata, Spazzate Sassatelli, Castel Bolognese, Solarolo, Bagnara, Barbiano, Lugo, Maiano Monti, Bagnacavallo, Villa Prati, Villanova e altri, si sono lentamente propagati verso le aree a giacitura più depressa. In una di queste sorge il capoluogo del Comune di Conselice, il centro urbano che con Sant’Agata è stato più duramente colpito dall’alluvione, anche per la persistenza dell’allagamento. Quest’ultima è dovuta alla particolare morfologia del territorio di Conselice. Se l’altimetria di un centro come quello di Lugo, per quanto modesta, ha consentito un deflusso verso valle delle acque che hanno invaso strade e case dopo il transito dell’onda di piena, purtroppo a Conselice questa condizione non sussiste. A valle dell’abitato ci sono infatti le barriere costituite dai fiumi pensili Sillaro e Reno.
L’unico percorso di allontanamento delle acque da Conselice è quello attraverso i canali consorziali Zaniolo e Diversivo in Valle, l’impianto idrovoro Sabbadina e il collettore generale del reticolo artificiale Canale di bonifica in destra di Reno. Il sovraccarico idraulico subito da quest’ultimo ha determinato una rotta dell’argine destro verso l’area dov’è ubicato lo stabilimento industriale dell’impresa Unigrà, che già risultava allagata per la rotta del Santerno.
“Deve essere chiaro che ad allagare Conselice non è stata la rotta, subita e non provocata, del Destra Reno, ma sono state quelle del Sillaro per la parte a ovest della strada statale Selice e del Santerno per il nucleo più centrale dell’abitato”, dichiara Vincenzi.
Per far defluire l’immenso lago che copriva in modo indistinto Conselice e le aree circostanti si è agito su più fronti. In primo luogo, gli sforzi si sono concentrati nel cercare di alleggerire il carico idraulico del Destra Reno, viceversa ogni altra operazione si sarebbe rivelata inutile. A tal fine sono stati installati gruppi di pompaggio d’emergenza presso la botte Santerno, che all’intersezione tra i due corsi d’acqua hanno sottratto portata al Destra Reno per immetterla nel sopraelevato Santerno. In massima parte, le pompe sono state fornite grazie al coordinamento del gruppo di lavoro istituito in tempi record dall’Anbi, associazione che riunisce tutti i consorzi di bonifica del territorio nazionale, che le ha fatte pervenire in tempi altrettanto record dalle varie regioni d’Italia e anche da alcuni paesi europei. Non sono arrivate solo pompe, generatori e tubazioni, ma anche staff di tecnici e operatori di primo livello che per lunghi giorni sono rimasti lontani dalle loro case per dedicarsi giorno e notte alla conduzione delle apparecchiature.
Presso la botte Santerno sono state installate complessivamente 31 pompe tra gruppi forniti tramite il canale dei consorzi di bonifica e della protezione civile e gruppi di privati. Per vincere il dislivello tra Destra Reno e Santerno occorreva procurarsi apparecchiature con caratteristiche ben precise, in termini di prevalenza, portata e lunghezza delle tubazioni di aspirazione e scarico. In un caso, per l’alimentazione delle pompe, si è dovuto effettuare l’allaccio di una cabina di trasformazione mobile alla linea di media tensione, operazione effettuata da Enel in piena notte. Questi dettagli danno l’idea delle notevoli difficoltà sul piano logistico che si sono dovute affrontare nella gestione dell’emergenza, che però non ha mai fatto desistere i vari operatori coinvolti.
Una volta che il Destra Reno è stato messo nelle condizioni di ricevere acque pompate o immesse a gravità dalle zone allagate, si è potuto procedere a un potenziamento dell’impianto idrovoro Sabbadina, che serve l’abitato di Conselice, con altri gruppi d’emergenza che hanno aumentato la portata complessiva delle apparecchiature da 7 a 11 metri cubi al secondo.
Parallelamente, una volta che si è abbassata la quota dell’acqua nel Sillaro, si è effettuata una manovra di apertura della paratoia alla cosiddetta Chiavica Bastia, per alleggerire il Destra Reno di una porzione della portata recapitata dal Canale Zaniolo. Si è proceduto anche ad effettuare un’apertura controllata dell’argine sinistro dello scolo Correcchio Gambellara Vecchi per accelerare il deflusso dalla circostante area allagata a ovest di Conselice, in cui la quota dell’acqua era più alta di quella nell’alveo interno del canale. Analogamente, per la stessa differenza di quote tra campagna più alta e canale più basso, la rotta del Destra Reno ha favorito un deflusso più rapido, benché non percepito, dall’area a est dell’abitato.
“È stato necessario un grande lavoro di coordinamento, e di accurata pianificazione della tempistica degli interventi – continua Vincenzi – Ciò è stato possibile, oltre che per la straordinaria dedizione degli operatori del Consorzio, grazie a una conoscenza approfondita dell’assetto idraulico maturata in anni di presenza capillare e cura del territorio. Quello della Bassa Romagna è un territorio assai fragile per la sua conformazione naturale che, in assenza dell’azione dell’uomo, lo renderebbe vocato al dissesto. Ogni intervento eseguito in emergenza ha il suo tempo adatto, se fatto troppo presto può aggravare la situazione, anziché migliorarla. Comprensibilmente chi vede la propria casa allagata manifesta impazienza se non si procede a un pompaggio immediato. Ma per poter pompare occorre che vi siano corpi idrici che ricevono. Se questa fondamentale esigenza fosse trascurata, le conseguenze dell’alluvione sarebbero ben peggiori”.
Il Presidente del Consorzio ci tiene anche a precisare che nessun comparto del territorio di bassa pianura è stato trascurato o messo in secondo piano nell’organizzazione degli interventi eseguiti in emergenza:
Ovviamente l’azione del Consorzio non è stata limitata alla sola area di Conselice. Complessivamente, sotto il coordinamento dell’ente e dell’Anbi, sono state messe in funzione 121 pompe nella fase più acuta dell’emergenza.
“Emergenza che non è ancora del tutto superata – precisa Vincenzi. Un evento alluvionale senza precedenti come quello che ha colpito la Bassa Romagna avrà purtroppo una coda molto lunga. Una volta messa in sicurezza la popolazione, bisognerà prontamente passare alla fase della ricostruzione. La rete di bonifica è stata gravemente danneggiata dalle acque limacciose fuoriuscite dai fiumi. Praticamente tutti i canali a valle delle rotte hanno subito interrimenti che ne riducono la sezione fluente e quindi la funzionalità. Buona parte dei corpi arginali sono instabili sia per la forte imbibizione causata dal sovraccarico idraulico durato quasi un mese, sia per le erosioni che si sono verificate come ulteriore conseguenza dell’evento. Occorrono celeri provvedimenti che mettano l’ente nella condizione di intervenire senza indugio nel ripristino della situazione preesistente all’alluvione, assicurando la copertura economico-finanziaria dei lavori più urgenti. Non c’è tempo da perdere”.”