Tra le qualità che riconosciamo al consigliere Alvaro Ancisi vi è quella di prestare attenzione a chi lo interpella dal territorio. Ciò ha facilitato nella trascorsa consigliatura alcuni momenti di collaborazione tra Ravenna in Comune e Lista per Ravenna. Anche per questo abbiamo letto con attenzione il comunicato inviato dal consigliere alla stampa in cui ha riprodotto la lettera ricevuta da un’associazione che riporta nella denominazione il riferimento agli “Ucraini di Ravenna”. Come informa il consigliere la lettera è stata indirizzata «ai capigruppo delle liste di partito e di quelle civiche che compongono il Consiglio comunale di Ravenna» ragione per cui, non essendo presenti in Consiglio Comunale durante questa consigliatura, ne abbiamo appreso in contenuto solo grazie al comunicato di Ancisi. Nella lettera l’associazione ha rivolto ai destinatari la richiesta «di invitare le associazioni ucraine o altri esponenti della comunità ucraina del territorio ad intervenire alle celebrazioni del 25 Aprile, con testimonianze relative all’aggressione ed all’occupazione russa». Tale richiesta è stata raccolta dal consigliere, secondo il quale, «la convocazione straordinaria del Consiglio comunale in questo giorno, con la partecipazione del Prefetto e delle altre autorità cittadine, sarebbe l’occasione migliore per dar voce alla comunità ucraina, raccogliendo lo spirito della richiesta espressa dalla sua associazione».
Ravenna in Comune in relazione al conflitto in atto da molti anni in Ucraina e alla sua accelerazione in quest’ultimo anno ha avuto modo di prendere posizione in molte occasioni, in tutte dichiarando la propria disponibilità a partecipare ad ogni iniziativa volta a far tacere le armi. Così abbiamo sempre coerentemente fatto e in alcune occasioni ciò è avvenuto in presenza di manifestanti di nazionalità o origini ucraine, così come anche di altre nazionalità, russa compresa ovviamente. Ciò premesso, Ravenna in Comune manifesta la propria assoluta contrarietà alla convocazione di un consiglio comunale straordinario per il 25 aprile laddove sia finalizzato, come richiesto nella lettera diffusa da Ancisi, alla mistificazione di un presunto parallelismo tra la lotta di resistenza italiana ed il conflitto in atto in Ucraina. Non vogliamo qui entrare nel merito degli specifici contenuti della lettera veicolata da Ancisi, in larga parte orientati ad una narrazione che non riteniamo condivisibile in quanto completamente dimentica sia della complessità che delle origini di questa atroce guerra. Ci limitiamo a rilevare come il 25 aprile 1945 non sia celebrato considerandolo l’equivalente, per la seconda guerra mondiale, del 4 novembre 1918 per la prima. Si tratta invece della celebrazione di quello che è il momento fondativo della democrazia in Italia, liberata dall’oppressione feroce di un regime antidemocratico. Per questo è spesso messa in rilievo come la più importante tra le festività repubblicane.
Nella guerra attualmente in corso in Ucraina non vi è, come invece sostenuto nella lettera, «la lotta di chi non vuole cadere nelle mani di una dittatura ma vuol restare libero all’interno dell’Occidente». E questo perché non vi è democrazia oggi in Ucraina. Sono stati messi fuori legge i partiti politici che non condividono le posizioni del Presidente. È impedita la libertà di stampa e comunicazione. È fortemente limitata l’attività sindacale e i diritti di lavoratrici e lavoratori. Perfino le attività religiose sono sottoposte a quella che “all’interno dell’Occidente” verrebbe definita persecuzione giudiziaria. Di contro le organizzazioni paramilitari filofasciste sono da tempo parte integrante delle forze armate ucraine. Le organizzazioni internazionali hanno mosso precise accuse di tortura e di mancato rispetto delle convenzioni internazionali per la tutela dei prigionieri di guerra. Eccetera eccetera. Tutto ciò non garantisce naturalmente alcuna patente democratica all’altra parte in conflitto. Nessuno diventa democratico per il solo fatto che non è democratico il suo avversario.
La considerazione suesposta non deve però portare a indifferenza per la sofferenza delle popolazioni, per tutti i civili e in particolare quelli più fragili sottoposti a violenza. È il portato di ogni guerra ed è il motivo per cui la nostra Costituzione «ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali». Compiere ogni sforzo perché le armi smettano di alimentare la violenza è senz’altro indispensabile e urgente. Non si può però usare il 25 aprile per nascondere il fatto che quella in corso in Ucraina non è una guerra per la democrazia né per la tutela delle libertà democratiche. La liberazione dal nazifascismo è stata un’altra cosa.