Per avere un’idea di cosa non va nella cosiddetta transizione energetica, portiamo due esempi ravennati. Uno è di transizione energetica “vera”, ossia riguarda la produzione di energia da fonti rinnovabili, vento e sole, attraverso l’impianto al largo di Ravenna di una serie di pale eoliche e di pannelli fotovoltaici. Si tratta del cosiddetto progetto AGNES. L’altro è un tipico esempio di “finta” transizione energetica spacciato per autentico con la benedizione della UE. Si tratta della richiesta formulata da Cabot, Herambiente, Versalis-Eni, Marcegaglia, Polynt e Yara Italia, presentata entro il termine del 16 marzo all’agenzia europea CINEA, per farsi finanziare la presunta cattura della CO2 con la complicità di ENI e SNAM.
Il valore economico dei due esempi era simile, ciascuno dell’ordine di due miliardi di euro, ma la fuoriuscita di Polynt e Herambiente dal secondo ne ha ridotto di un po’ l’ammontare originario. Fatto sta che il primo deve ricorrere al cosiddetto mercato (tranne per un contributo di poco superiore al 3% del valore complessivo) per implementare un progetto completamente definito e già in fase di VIA. Per il secondo, invece, rivela la stampa, «Ravenna chiederà all’Europa oltre 1,5 miliardi» ossia la copertura dell’intero costo, giacché, si precisa, «la richiesta è su un dossier che supererà abbondantemente il miliardo e mezzo di euro».
L’utilizzo di fonti rinnovabili come il vento e il sole risponde pienamente alla domanda di sostenibilità della produzione di energia senza che questa dia luogo all’emissione dei gas climalteranti che stanno innalzando la temperatura del pianeta oltre il punto di non ritorno. Si tratta di tecnologia sicura e collaudata e, dove messa in opera, ha prodotto l’ulteriore vantaggio di ridurre la dipendenza dalle forniture estere, oggi particolarmente importante. La cattura e lo stoccaggio di uno dei gas climalteranti, la CO2, invece, è una tecnologia ancora sperimentale, che ha accumulato pressoché ovunque fallimenti, con l’unica eccezione dell’Islanda le cui caratteristiche geologiche, però, ne fanno un caso unico a livello planetario e pertanto non replicabile. L’unico motivo per cui si continua a spingerla avanti è che consente di raccontare la favoletta di credere nella transizione energetica quando invece si continua ad utilizzare l’energia fossile esattamente come si è sempre fatto. La paroletta magica è “hard to abate”, ovvero riguarderebbe le produzioni dove le emissioni climalteranti sono difficili da abbattere. La realtà è che il ricorso (presunto) alla captazione e stoccaggio della CO2 ostacola l’avanzamento tecnologico verso l’effettivo abbattimento della CO2 anche per quel tipo di produzioni.
Il ragionamento si conclude con la ricezione mediatica dei due esempi. Facciamo riferimento a quanto riferiscono i giornali usciti venerdì scorso. Per AGNES parla già il titolo: «Energia dal vento, soffia la bufera. Rimini pronta a bloccare Ravenna. Il Comune scrive al ministero. Nel mirino le pale dei ’vicini bizantini’: troppo alte e prossime a Torre Pedrera». E per quello della captazione della CO2? Qui, più ancora del titolo, vale la conclusione dell’articolo che garantisce, parola di ENI e SNAM, «come, sin dal primo step dell’operazione sulla CO2, si potrebbero creare 500 nuovi posti di lavoro». Nessuna prova della credibilità dell’affermazione, ma che importa? Problemi dal territorio? Non segnalati, nonostante le numerose manifestazioni di livello nazionale tenutesi proprio a Ravenna per contrastare i progetti di CCS. Resoconti sui fallimenti di cui è disseminata l’ancor breve storia della CCS? Manco due righe…
Quando, il 16 luglio 2019, il Consiglio Comunale approvò la Mozione per dichiarazione di Emergenza Climatica, Ravenna in Comune avvertì il Sindaco:
«Noi chiediamo che l’impegno di oggi non sia volto solo a tranquillizzare le nostre coscienze, ma deve essere lo stimolo per un nuovo modo di fare politica. […] Questo documento deve incentivare le nostre scelte energetiche, portandoci verso l’elettrico rinnovabile, per abbandonare definitivamente il fossile. Questi sono quindi gli impegni che dovremo prendere quotidianamente, […] dovremo essere coerenti rispetto ciò che riporta questa mozione. Ricordiamoci che, malgrado i nostri tentativi di distruzione, la natura si salva e si ripara sempre. Chi invece rischia di estinguersi per le proprie azioni è l’uomo».
Ci sembrano parole di immutata attualità. Purtroppo quello che da allora è immutato è anche l’atteggiamento verso la transizione energetica. Si avanza col passo del gambero in attesa del prossimo prevedibile disastro dovuto al clima.