Di lavoro si vive sempre meno. È più facile che di lavoro si muoia. Lo dicono i dati sulla povertà: nonostante ricevano una retribuzione per la prestazione lavorativa fornita, sempre più persone e intere famiglie entrano di diritto tra chi non ce la fa a sbarcare il lunario. Non solo i senza lavoro dunque, comprensibilmente, stentano a sopravvivere ma anche chi fa di tutto pur di guadagnarsi il pane. Il fatto è che il pane, ma anche la pasta, la frutta, la verdura, la tanto celebrata dieta mediterranea, costa sempre di più. Ravenna è tra le città più care di tutta Italia e ne consegue che star dietro alla spesa con uno stipendio che, invece di aumentare, in termini reali sta precipitando, è a dir poco un’impresa. Con buona pace dell’assessora comunale a bilancio, politiche per le famiglie, l’infanzia e la natalità che, invece, sostiene «che l’aumento dei prezzi a Ravenna non sia molto maggiore rispetto agli aumenti di altri territori». Con la conseguenza, dice l’assessora, che: «Al momento in Giunta non abbiamo in previsione particolari approfondimenti su eventuali ragioni specifiche che causino l’inflazione ravennate». Così la Giunta starà a guardare mentre il Governo nazionale intende fare a pezzi, uno per uno, i pochi strumenti a disposizione per sostenere le famiglie?
Le retribuzioni, monitorate dal CNEL con riferimento all’ultimo anno pre-pandemia, vedono per i ravennati una paga media oraria di 12,10 €/h per gli uomini e di 11,03 €/h per le donne. Siamo abbondantemente al di sotto della media regionale e, ovviamente, riguarda chi uno stipendio lo riceve. Secondo la Banca d’Italia e l’INPS il reddito di cittadinanza ha evitato la povertà ad almeno un milione di italiani. Solo nella nostra provincia sono state 5.863 le persone che tra il 2019 e il 2021 ne hanno beneficiato. Ammontano però a 5 milioni gli italiani che si trovano già oggi in condizione di povertà assoluta. E per il prossimo futuro questa misura verrà affossata: le risorse sono in calo per quest’anno e dal 2024 verranno destinate ad altro scopo. Nel complesso per effetto di queste misure è prevista una riduzione delle spese di 0,7 miliardi per il 2023 e di un miliardo in ciascuno dei due anni successivi. In Emilia Romagna i dati ISTAT riportano un aumento della incidenza della povertà relativa individuale (cioè della percentuale di persone che vivono in famiglie in povertà relativa sui residenti) passata dal 5,5% del 2019 all’8,7% del 2021. Dall’osservatorio della Caritas di Ravenna risulta che nei primi 9 mesi del 2022 si sono rivolti al centro d’ascolto della Caritas diocesana 2.331 persone, in aumento rispetto allo stesso periodo del 2021. Nei primi sei mesi del 2022, il centro d’ascolto ha accolto 199 nuovi nuclei in difficoltà, mentre erano 91 alla stessa data del 2021. E sono stati 13.876 i pacchi viveri distribuiti nella prima parte dello scorso anno. Un aumento stimato del 30 per cento, rispetto all’anno precedente.
Alla luce di tutto questo abbiamo proposto alla Giunta di introdurre il reddito di cittadinanza comunale che avevamo disegnato già nel 2016 nell’attesa dell’introduzione di quello statale. Venendo meno il secondo diventa fondamentale il primo. Continuiamo a ritenere indispensabile introdurre «un reddito minimo comunale che eviti a chi non ha un lavoro o lo ha perso di evitare il rischio di cadere nell’indigenza. Si tratta di garantire un reddito che consenta di non cadere in percorsi socio-assistenziali e di perdita di autonomia ed autosufficienza, volto a garantire un percorso di reinserimento lavorativo. Una misura non dettata dall’emergenza ma che dovrebbe essere messa in campo stabilmente, fino a quando le istituzioni centrali (Stato e Regione) non intervengano con strumenti adeguati. È possibile introdurlo riorganizzando le diverse tipologie di erogazione di contributi oggi gestiti da Comune e da ASP quali contributi a sostegno del reddito delle famiglie». Il bilancio comunale che presto, per quanto in ritardo, verrà adottato dovrebbe essere l’occasione per un intervento quanto mai urgente se non si vuole che anche a Ravenna si allarghi irresponsabilmente il numero di persone ridotte a rubare per vivere.
Sappiamo bene che contro i poveri c’è una feroce determinazione a colpire anche da parte della maggioranza che amministra Ravenna. Ne fa prova il nuovo Regolamento di polizia municipale, approvato nella scorsa consigliatura con il solo voto contrario di Ravenna in Comune. Quello che confonde degrado con bisogno di aiuto e fa da supporto alle esternazioni del vicesindaco per cui perfino le panchine pubbliche darebbero un senso di degrado… Nella “civile” Bologna è stato appena incarcerato un povero, senza fissa dimora, condannato a due mesi di prigione per il tentato furto di 5 euro e 20 centesimi in generi alimentari da un supermercato. Ravenna in Comune rivendica per il nostro Comune un valore di civiltà incompatibile con il considerare chi è povero come un nemico da colpire o, al più, un problema da evitare. Ravenna in Comune pensa che le classi ci siano ancora, eccome, e che far finta di non vederle significhi essersi schierato dalla parte dei ricchi. Stanno già arrivando anche nella nostra Città le conseguenze di una crisi che, se la Giunta continua a dormire, saranno via via più intense.
Senza pietà. A partire dalle fasce più deboli, come sempre, non ci saranno esclusi dalle conseguenze. Ricchi a parte, come sempre.
Come Ravenna in Comune non possiamo permetterlo. La nostra è una scelta di parte ben chiara. Anche questa, come sempre.