L’ultima notizia è la concessione di un milione circa di euro che il ministero del Turismo ha concesso al Comune di Ravenna nell’ambito delle proposte espresse dai Comuni che detengono Patrimoni dell’Umanità Unesco, rivolte a valorizzarli turisticamente nel 2023-2024. Che Ravenna ne abbia otto, splendidi monumenti storico-artistici, non è merito dei contemporanei, a cui è però affidato il compito di rispettarli e promuoverli al meglio. Nel caso, la Giunta de Pascale si è proposta di “posizionare l’identità turistica di Ravenna come città del mosaico”, nel solco della “campagna di promozione e comunicazione” effettuata nel 2022. Il 15 dicembre 2021, diede corso a tale campagna il servizio Cultura del Comune di Ravenna, assessore al ramo Fabio Sbaraglia, affidando allo studio ravennate Emilio Macchia, al prezzo di 10.305 euro, la “ideazione logo e immagine coordinata di Ravenna città di Dante e del mosaico”. Non importa che l’associazione Strativari, nata da un’idea di Emilio Macchia stesso e composta anche dal suddetto Sbaraglia, allora capogruppo del PD in Consiglio comunale, abbia ricevuto dal Comune di Ravenna, tra il 2012 e il 2018, 40.800 euro di contributi per alcune sue attività, soprattutto per il festival Farhenheit 39; tanto meno che Macchia sia notoriamente il compagno dell’on. Ouidad Bakkali, allora presidente del Consiglio comunale di Ravenna. Contestiamo invece il metodo praticato e l’efficacia del risultato.
Per scegliere il disegnatore del marchio (non il marchio, confezionato successivamente) con cui trasmettere al mondo l’immagine di una città d’arte come Ravenna, è infatti inaudito, ammesso che sia legittimo, avere semplicemente invitato tre studi grafici, prescelti discrezionalmente, a presentare un preventivo finanziario, selezionando poi il “vincitore” sulla base di pochi euro di differenza rispetto agli altri due, senza che risultino scritte da nessuna parte le ragioni di merito. Per scegliere il marchio del centenario dantesco 2021, fu invece lanciato un concorso pubblico in piena regola, da cui uscì vincitore, consultando anche la popolazione, il marchio vincente. Peraltro, “l’immagine coordinata di Ravenna città di Dante e del mosaico” esisteva già dai primi mesi del 2018, rappresentata nei due cartelli 4 x 2 impiantati sulle diramazioni nord e sud dell’autostrada A14 verso Ravenna, recanti appunto la scritta “RAVENNA CITTà DI DANTE E DEL MOSAICO”, uno sotto il mosaico di Teodora in San Vitale, l’altro sotto il profilo di Dante efficacemente mosaicato dal celebre street artist brasiliano Eduardo Kobra (vedi le due foto allegate). Immagini tanto allettanti e convincenti, che il Comune ha rinnovato per tutto il 2023 il contratto per il mantenimento dei due impianti. Non si poteva partire da qui volendo confezionare un marchio più che valido e attrattivo per promuovere il brand turistico di Ravenna? Ma soprattutto, perché non si è agito con trasparenza, alla luce del sole, rendendo partecipe la città del percorso con cui le è stata affibbiata una nuova identità grafica?
Sta di fatto che il logo somministrato, a loro insaputa, alla città e a chi la rappresenta legittimamente (il Consiglio comunale) è stata una grande “ERRE”, composta da quadretti simulanti tessere di mosaico, difficilmente percepibile come lettera dell’alfabeto, tanto meno come iniziale del nome della nostra città, anche quando accompagnata dalla scritta “ravenna città del mosaico” (vedi altra foto allegata). Perché risulti evidente a tutti, una “ERRE” in ferro, alta due metri e mezzo, verrà posta a mo’ di statua, al costo di quasi 30 mila euro, nei giardini davanti al Museo d’Arte di Ravenna. Da notare che, rispetto al logo commissionato come “immagine coordinata di Ravenna città di Dante e del mosaico” è sparito Dante, che farebbe da solo la fortuna turistica di qualsiasi città al mondo che potesse fregiarsi di averlo avuto ospite fino alla morte e di onorarne i resti. Nei cartelli ERRE posti agli ingressi di Ravenna e nei 300 manifesti affissi sulle strade, figura anche una specie di spina di pesce le cui scritte elencano una lunga serie di monumenti e luoghi d’arte di Ravenna, tanto piccole che, passando in macchina o comunque ad un po’ di metri di distanza, si possono leggere solo col binocolo. La “campagna di promozione e comunicazione” svolta nel 2022, incentrata su questo logo, ha compreso anche pagine a pagamento su alcuni settimanali locali e su RAVENNA INTORNO AGENDA DEL TERRITORIO, e forse altro. I costi di quanto sopra si aggirano sui 50 mila euro.
Obiettivo fondamentale di qualsiasi campagna pubblicitaria è, per definizione, un logo o marchio di elevata attrattiva e visibilità, capace di trasmettere chiaramente ed efficacemente il messaggio identitario del bene pubblicizzato. Senza nulla togliere alla qualità grafica del marchio ERRE, si può dire con certezza che, causa soprattutto la sua astrattezza, questo obiettivo è stato mancato, come del resto testimoniato, pressoché universalmente, dal fiume dei commenti con cui è stato inondato dalla cittadinanza. Ha richiamato attenzione, ha fatto molto discutere, e questo può giustificare la campagna promozionale del 2022 come sperimentale. Ma rendere l’ERRE di Emilio Macchia un marchio fisso per gli anni a venire, cominciando ad investirci il milione di euro ricevuto dal ministero del Turismo, sarebbe controproducente e perfino masochistico, data l’impossibilità che la città stessa vi si possa riconoscere.
La nostra proposta è di lanciare, sull’esempio del centenario dantesco, una procedura concorsuale per la scelta del logo e del naming di “Ravenna città di Dante e del mosaico”, con una prima ristretta selezione delle proposte effettuata da una giuria di tecnici esperti della comunicazione e voto finale pubblico. Non escludiamo tuttavia alcuna altra formula purché si svolga tramite un percorso trasparente, partecipato dalla cittadinanza. In questo senso, interroghiamo la disponibilità del sindaco.