Il titolo letto ieri sulla stampa quotidiana era «Nomisma: Due rigassificatori a Ravenna? Anche quattro». L’articolo era incentrato su una intervista a Davide Tabarelli. Per chi non lo sapesse si tratta del Presidente ma anche del fondatore, assieme alla Nomisma di Prodi & co., di una società chiamata Nomisma Energia che campa di consulenze sull’energia fossile e che adesso va molto di moda intervistare. Non passa giorno senza una sua ospitata in qualche trasmissione televisiva, oppure senza che un giornale pubblichi quel che racconta, in genere senza contraddittorio, lasciando intendere che la sua parola è tota scientia. Un estratto della sua intervista pubblicata ieri:
«Il raddoppio del rigassificatore a Ravenna? È un passo che andrebbe mosso immediatamente, senza attendere oltre. Tanto a Piombino non lo vogliono e il sacrificio di cittadini ravennati e italiani rimane lo stesso. Io senza indugi lo porterei a Ravenna, con pochi aggiustamenti di collegamento al terminale sono possibili gli accostamenti di due navi. L’impatto non sarebbe troppo differente e così avremmo garantiti anche per il futuro 10 miliardi di metri cubi. È però una decisione da prendere immediatamente. Se si potesse, bisognerebbe farne arrivare tre o quattro. Questo sì avrebbe una forte incidenza sulle nostre bollette». Quello che Tabarelli non dice è che l’incidenza sarebbe in aumento naturalmente, visto il costo di un miliardo di euro per impiantare il rigassificatore ravennate che sarebbe da moltiplicare per 4 e che andrebbe scaricato proprio sulle bollette. Bollette poi rincarate dal fatto che il gas liquefatto ha dei costi in più (va liquefatto, trasportato, rigassificato) e di per sé costa di più di quello che arriva via metanodotto.
Tabarelli è noto per non credere all’esistenza di alternative all’energia fossile, a dispetto della comunità scientifica. Anzi, per Tabarelli le rinnovabili non esistono proprio e, al più, per il futuro si può ricorrere al nucleare. Così inquadrato il personaggio e considerata l’insostituibilità del fossile per la sopravvivenza non dell’Italia ma di Nomisma Energia si capisce anche il senso di quella che, se dipendesse da lui, non sarebbe una battuta ma un progetto: chiudere le attività portuali e turistiche ravennati e convertire l’economia locale per fare da terminale (anzi 4 terminali) off-shore per l’approvvigionamento del gas estero. Estero, non Adriatico. Aggiunge infatti Tabarelli: «Penso che alcune novità potranno sussistere in Sicilia, per l’upstream vedo poche possibilità di nuove piattaforme in Adriatico».
Del resto quello di fare dell’Italia e di Ravenna l’Hub europeo di accesso del gas alla rete continentale è il progetto accarezzato dall’attuale Ministro Pichetto Fratin (Ministero Ambiente e Sicurezza Energetica) supportato e guardato a vista dal suo predecessore Cingolani, dal Presidente dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini (Commissario al rigassificatore di Ravenna) e dal Sindaco della nostra Città Michele de Pascale (sostenitore della corsa a segretario del PD dello stesso Bonaccini in attesa che questi, prima o poi, gli ricambi il favore quando si tratterà di lasciare Palazzo Merlato). Quindi sia per i filogovernativi che per i filolocali tutto quel che dice Tabarelli va preso come oro colato. E lo stesso vale per ENI e gli interessi di contorno, naturalmente, perché il progetto in primis è loro. Sono loro ad aver manovrato le Istituzioni per far coincidere i privatissimi interessi della lobby del fossile che un presunto interesse nazionale. Il Paese sostiene i costi economici e ambientali e loro si dividono gli utili. Che per Eni & co. vanno alle stelle in parallelo alle bollette degli italiani.
Intanto le rinnovabili restano al palo. A chiacchiere andiamo fortissimo ma tutta la spinta, le accelerazioni, i salti di procedura (VIA e Seveso), i finanziamenti vanno da un’altra parte: niente alle rinnovabili e tutto sul fossile. Come Ravenna in Comune abbiamo sempre denunciato la narrazione dei Bonaccini che promettevano che il progetto AGNES, l’eolico al largo, sarebbe andato in parallelo al rigassificatore. Tutte balle. Il progetto AGNES non riuscirà a produrre energia fino al 2026 e questo traguardo, secondo Bernabini (AD di QINT’X) «è un obiettivo ambizioso». A confronto del fossile, infatti, i finanziamenti pubblici sono irrisori e le procedure lasciano a desiderare («le nuova linee guida per l’eolico offshore devono ancora uscire: questi ritardi complicano non poco il nostro lavoro»). Come abbiamo più volte segnalato, se la produzione di energia dalle rinnovabili fosse effettiva, non ci sarebbe spazio per il progetto di rigassificazione di ENI, insostenibile sia economicamente che ambientalmente. Ravenna in Comune continuerà a raccontare una storia diversa da quella diffusa da Tabarelli e da chi lo sostiene. Purtroppo per il Paese la storia che raccontiamo noi trova continue conferme ma minor diffusione.