Per il cenone di fine anno gli italiani hanno speso 2,5 miliardi di euro per i cibi e le bevande e quasi nove su dieci (88%) lo hanno consumato nelle case, proprie o di parenti e amici mentre gli altri si sono divisi tra ristoranti, scelti da oltre 4 milioni di persone, e agriturismi con oltre trecentomila presenze.
E’ quanto emerge dal bilancio tracciato dalla Coldiretti dal quale si evidenzia il ritorno a tavola dei prodotti più tipici della notte più lunga dell’anno, per un importo complessivo che ha sostanzialmente tenuto rispetto allo scorso anno (-3%).
Le tavolate si allungano di quasi un posto rispetto allo scorso anno con una media di 7 persone con il ritorno alla convivialità confermato dal successo delle feste in piazza, secondo l’indagine Coldiretti/Ixe’.
Lo spumante – sottolinea la Coldiretti – si conferma come il prodotto immancabile per più di otto italiani su dieci (84%), ma è “sorprendentemente” seguito dalle lenticchie presenti nell’82% dei menu, forse anche perché sono chiamate a portar fortuna secondo antiche credenze che hanno premiato anche i chicchi d’uva (60%) che secondo tradizione ne sono stati mangiati almeno, uno per ogni mese dell’anno, mentre in forte calo la tendenza a consumare frutta esotica straniera scelta appena dal 34%.
L’interesse per le lenticchie è stato accompagnato dalla riscossa di cotechino e zampone presenti sul 67% delle tavole.
Sulle tavole per le feste è stata forte anche la presenza del pesce nazionale a partire da alici, vongole, sogliole, triglie e seppie con – continua Coldiretti – il 63% degli italiani che ha portato il salmone arrivato dall’estero, appena il 10% si è permesso le ostriche e il 7% il caviale spesso di produzione nazionale che viene anche esportata.
La tendenza generale è stata comunque quella di privilegiare un menu tricolore spesso a chilometri zero con le tradizioni del territorio secondo Coldiretti/Ixe’. Il 92% dei cittadini – conclude la Coldiretti – ha portato in tavola per la festa soprattutto prodotti italiani, tra un 53% che lo ha fatto soprattutto perché sono più buoni e il 39% che considera una priorità sostenere l’economia e il lavoro del proprio Paese in un momento difficile.