Il primo Report sulla rete territoriale di Servizi diocesani e interdiocesani per la Tutela dei minori e delle persone vulnerabili della Cei segnala che nel biennio 2020-2021 il totale dei contatti registrati da 30 Centri di ascolto è stato pari a 86, di cui 38 contatti nel 2020 e 48 nel 2021″.
I casi segnalati, “anche per fatti riferiti al passato, riguardano 89 persone, di cui 61 nella fascia di età 10-18 anni, 16 over 18 anni (adulto vulnerabile) e 12 under 10 anni”.
Negli ultimi venti anni sono 613 i fascicoli (ponenze) aperti nella sede della Congregazione per la Dottrina della Fede trasmessi dall’Italia. Lo ha rivelato il segretario generale della Cei, mons. Giuseppe Baturi, nella conferenza stampa per la presentazione del Report. Ha spiegato anche che questi fascicoli, che possono riguardare più casi oppure archiviazioni, saranno oggetto di una prossima Ricerca, “una novità nel panorama ecclesiale mondiale”.
“Circa la tipologia dei casi segnalati, è emersa la prevalenza di ‘comportamenti e linguaggi inappropriati’ (24), seguiti da ‘toccamenti’ (21); ‘molestie sessuali’ (13); ‘rapporti sessuali’ (9); ‘esibizione di pornografia’ (4); ‘adescamento online’ (3); ‘atti di esibizionismo’ (2)”, spiega il Report. Le segnalazioni “fanno riferimento a casi recenti e/o attuali (52,8%) e a casi del passato (47,2%)”. “Il contesto nel quale i presunti reati sono avvenuti è quasi esclusivamente un luogo fisico (94,4%), in prevalenza in ambito parrocchiale (33,3%) o nella sede di un movimento o di una associazione (21,4%) o in una casa di formazione o seminario (11,9%)”, si sottolinea.
“Il genere delle persone che hanno contattato il Centro rivela una maggiore rappresentazione delle donne (54,7%)”, viene specificato. I contatti “sono avvenuti principalmente via telefono (55,2%) o, in misura inferiore, tramite corrispondenza online (28,1%)”. “Il motivo del contatto è rappresentato dalla volontà di segnalare il fatto all’Autorità ecclesiastica (53,1%), dalla richiesta di informazioni (20,8%), o da una consulenza specialistica (15,6%)”, sottolinea il Report.
Secondo il rapporto “il profilo dei 68 presunti autori di reato evidenzia soggetti di età compresa tra i 40 e i 60 anni all’epoca dei fatti, in oltre la metà dei casi. Il ruolo ecclesiale ricoperto al momento dei fatti è quello di chierici (30), a seguire di laici (23), infine di religiosi (15). Tra i laici emergono i ruoli di insegnante di religione; sagrestano; animatore di oratorio o grest; catechista; responsabile di associazione”.
La rilevazione puntualizza inoltre che “il responsabile del Centro, in oltre due terzi dei casi, è un laico o una laica (77,8%). Meno frequente è la scelta di un sacerdote (15,5%), oppure un religioso o una religiosa (6,7%). Tra i laici prevalgono nettamente le donne, che quindi rappresentano i due terzi dei responsabili”. Inoltre, “nella maggior parte dei casi (83,3%), i Centri di ascolto sono supportati da una équipe di esperti”. La sede del Centro di ascolto, infine, “differisce dalla sede della Curia diocesana nel 74,4% dei casi”.
A seguito della trasmissione della segnalazione all’Autorità ecclesiastica da parte dei Centri di ascolto, “tra le azioni poste in essere sono risultati prevalenti i ‘provvedimenti disciplinari’, seguiti da ‘indagine previa’ e ‘trasmissione al Dicastero per la Dottrina della Fede’”. Tra le azioni di accompagnamento delle presunte vittime, “i Centri forniscono informazioni e aggiornamenti sull’iter della pratica (43,9%), organizzano incontri con l’Ordinario (24,6%), offrono un percorso di sostegno psicoterapeutico (14,0%) e di accompagnamento spirituale (12,3%)”. Ai presunti autori degli abusi, riferisce ancora il Report, “vengono proposti percorsi di riparazione, responsabilizzazione e conversione, compresi l’inserimento in ‘comunità di accoglienza specializzata’ (un terzo dei casi rilevati) e percorsi di ‘accompagnamento psicoterapeutico’ (circa un quarto dei casi)”.
“A livello personale ho visto tanti casi di questo genere, che cosa è cambiato in questi anni? Secondo me c’è una coscienza diversa riguardo alle vittime, il vero cambiamento c’è stato nel momento in cui abbiamo cominciato a metterci nei panni delle vittime, non dei sacerdoti o dell’ istituzione – ha detto monsignor Lorenzo Ghizzoni, presidente del Servizio Nazionale per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili della Cei – Quando abbiamo cominciato a metterci nei panni delle vittime, abbiamo cominciato a cambiare stile ma anche in Italia il reato di pedofilia è piuttosto recente, risale agli anni ’90, e sulla pedopornografia anche dopo, parliamo del 2000, 2008. C’è una presa di coscienza anche a livello culturale, prima l’idea era che i panni sporchi si lavano in famiglia, è ora che i panni sporchi non si lavino più in famiglia“. (Ansa)