“Quando nel 2019 Ravenna in Comune lanciò l’allarme sul depotenziamento del reparto di ginecologia nell’Ospedale di Ravenna, Comune e Auslona negarono. Di fatto Ginecologia come reparto autonomo stava per sparire. «Ci chiediamo se la scelta di eliminare il reparto ginecologico sia dettata da una vera aspirazione alla razionalizzazione, che dovrebbe voler dire miglioramento della qualità, o non piuttosto dall’ennesima tensione al risparmio. La specificità dei reparti di ginecologia è da sempre stata considerata, ovunque, un passo avanti rispetto alle precedenti organizzazioni delle divisioni di ostetricia-ginecologia e ancor più rispetto ai tempi in cui molte strutture di ginecologia neppure esistevano in quanto tali, ma erano sezioni delle divisioni di chirurgia» scrivevamo.
A certificare la correttezza del nostro allarme, tempestivamente lanciato, sono ora gli organi di informazione a scrivere di come il reparto sia stato «chiuso definitivamente. Posti letto e sedute operatorie sono stati trasferiti all’interno dell’unità operativa di Urologia, nella nuova palazzina Dea, Dipartimento di emergenza e accettazione. Una situazione che ha creato malumori e disagi tra i dipendenti dell’ospedale, soprattutto per le condizioni di lavoro, dal punto di vista organizzativo, che questo cambiamento ha comportato. A segnalare inizialmente il trasferimento, sono state alcune pazienti che, sottoposte ad intervento chirurgico di tipo ginecologico, si sono rese conto, raccontano sorprese, di essere state ricoverate in tutt’altro reparto. L’assistenza infermieristica è affidata a Urologia, ovviamente non la medica, che rimane quella in capo all’unità operativa di Ostetricia e Ginecologia. Questa riorganizzazione, assicurano dall’interno dell’Ospedale, non ha migliorato la situazione, tutt’altro, perché ha comportato in primo luogo una riduzione dei posti letto rispetto a quando il reparto era nella vecchia sede, e anche il numero delle sale operatorie è inferiore, sicuramente rispetto alle necessità, con conseguente allungamento dell’attesa per alcuni tipi di interventi, ovviamente quelli meno urgenti. A questo si aggiunge anche il fatto che la nuova organizzazione costringe il personale medico a dividersi di continuo tra Ostetricia, che rimane nella sede ‘vecchia’, e Ginecologia, ora appunto nella nuova palazzina Dea, molto distanti tra loro all’interno del complesso ospedaliero. Da due anni inoltre a capo del reparto non c’è un primario, ma un facente funzione». Né più né meno della situazione che avevamo tratteggiato già nel 2019 in una nostra apposita interrogazione al Sindaco.
Naturalmente dall’Auslona arrivano rassicurazioni puntualmente rese note a mezzo stampa. «Nessuna chiusura, ma una riorganizzazione all’insegna della qualità e della sicurezza» è la replica. Lo stile è lo stesso che, come Ravenna in Comune, abbiamo già esposto in altre occasioni quando abbiamo denunciato «le mistificazioni di questa gente che chiude l’unità di terapia intensiva coronarica all’ospedale di Faenza e dice che sta potenziando il servizio; chiude il punto nascita dell’ospedale di Lugo ma continua a raccontare che è imminente la riapertura; manda ko il pronto soccorso dell’Ospedale di Ravenna ma ne dipinge le magnifiche sorti e progressive».
La verità è che il racconto che ci è stato propinato, innanzi tutto dal Sindaco, durante i mesi in cui era il Covid ad occupare le prime pagine è rimasto soltanto un racconto. «La pandemia ha significato uno spartiacque che richiede di mettere in discussione priorità e modalità organizzative del comparto medico e infermieristico e soprattutto dell’ospedale». In realtà non c’è stato nessun ripensamento e quella che sta proseguendo è la destrutturazione della sanità diffusa sul territorio avviata da molti anni dalle amministrazioni a marchio PD. Tornando a ginecologia, del resto, ci chiediamo, come ci si può limitare a parlare di semplice “riorganizzazione” quando, come ammette la stessa direzione ospedaliera, «la Chirurgia ginecologica minore è stata spostata su Lugo, solo quella più complessa rimane a Ravenna»?”