“Gaetano Savini, ravennate, di cui il 13 marzo 2017 si è celebrato il primo centenario della morte, è stato un grande artista, cartografo, storico e archeologo italiano, che Ravenna celebra soprattutto come “pittore, disegnatore e studioso dei monumenti ravennati”. Così recita la lastra posta nel 2003 dalla sezione ravennate di Italia Nostra sul “voltone” a lui intitolato: aveva infatti decorato, con splendidi affreschi di motivi floreali, monumenti, luoghi e cittadini illustri di Ravenna, la volta anulare che ricopre il passaggio coperto interno a Palazzo Merlato, residenza municipale, tra piazza del Popolo e piazza XX Settembre (o “piazza dell’Aquila”). A lui è stata intitolata anche la strada che scavalca la ferrovia a sud di Ravenna tra la rotonda Portogallo e la Rotonda Scozia dell’Iperbarico. Laureato all’Accademia di Belle Arti di Firenze nel 1876, avendo iniziato il percorso scolastico nell’Accademia Ravenna, qui ritornò come docente, insegnandovi fino al 1910. Nella seconda parte della sua vita, si dedicò specialmente agli studi su Ravenna antica, passione che coltivava fin da giovane. Pubblicò in proposito diverse monografie e molti articoli sui quotidiani locali. Celebri sono le sue piante, mappe e prospettive della città. Nel 1882 dipinse la volta della sala consiliare di Palazzo Merlato. Nel 1983, il suddetto “voltone”.
Oggi tuttavia Gaetano Savini si rivolta nella tomba. Le decorazioni della volta, tuttora superbe, risentono dell’usura del tempo. Basterebbe affidarne il restauro all’Accademia di Belle Arti ravennate. Ma il passaggio sottostante, ai suoi tempi pregevole, offre ai ravennati distratti e ai turisti attoniti lo spettacolo più indecente della volgarità umana e della sciatteria con cui la città è amministrata perfino nel palazzo del proprio governo. Lordure, muffa e piume di piccioni sono pressoché ovunque, angoli ed anfratti sono insudiciati e maleodoranti di urina, le pareti hanno l’intonaco macchiato e presentano evidenti scrostature, ecc. Perfino il fittone marmoreo posto all’ingresso del “corridoio” manifesta la parte sottostante completamente sgretolata, imbrattata e incrostata di sporco “vecchio”.
Ovviamente stiamo parlando di un luogo monumentale, sottoposto alla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini, con sede a Ravenna. Ma nel nostro Comune c’è un’unità operativa addetta agli edifici vincolati, che fino a poco tempo fa aveva a capo una posizione di responsabilità, andata in pensione, ma pur sempre composta da quattro istruttori direttivi tecnici (laureati) e tre istruttori tecnici (diplomati). Non sembra troppo chiedere al sindaco di disporre che l’area Infrastrutture civili e il servizio Edifici pubblici si confrontino con la Soprintendenza affinché il voltone Savini, diventato vergogna della città, torni a rilucere nel suo splendore.”