L’incontro con il Ministero, quello lungamente cercato per ottenere una benedizione pubblica e pure soldi freschi, si è svolto a distanza. Un altro piccolo ma importante segnale negativo che si aggiunge ai tanti ostacoli che si frappongono al salvataggio della storica cooperativa. Si aggiunge all’evidente mancanza di dichiarazioni ufficiali al termine dell’incontro. Non aiuta la stagione esisteva, non aiuta il governo dimissionario, non aiuta il clima elettorale e neanche le prospettive rispetto alle urne del PD, partito lungamente legato a filo doppio con la CMC. Non aiuta, soprattutto il pochissimo tempo a disposizione per tirare fuori una soluzione dal cappello dopo che sin qui i vertici della cooperativa poco di concreto hanno concluso. Il prossimo passaggio per verificare se si sono “trovati” una settantina di milioni di euro pubblici da mettere a garanzia di una nuova società da attivare con un partner avverrà passato agosto. Così i giornali: «Adesso la data dell’1 settembre diventa di fondamentale importanza: o maturano le condizioni per avviare una trattiva seria e concreta, o il tempo può definirsi scaduto con tutto ciò che ne conseguirà a partire da un fallimento che spazzerà via un’azienda storica, con una ricaduta pesante su lavoratori, famiglie e fornitori».
La dirigenza della cooperativa ha iniziato negando la necessità di qualunque partnership per far fronte al buco miliardario (circa 1 miliardo e mezzo di euro). Appena ottenuto il via libera al concordato il Presidente di CMC Fioretti prontamente dichiarava: «Le voci sul cosiddetto “Progetto Italia” erano prive di fondamento, come pure le altre su improbabili fusioni con società per azioni: siamo una cooperativa e vogliamo rimanere così». Dopodiché si sono accavallate le comunicazioni ufficiali di tentativi di accordo che, invece, si era disperatamente finiti per cercare e che però non venivano conclusi. Niente da fare con WeBuild (il cosiddetto “Progetto Italia”), ma neanche con Aspi-Pavimental e nemmeno con Fincantieri. Dall’ultimo incontro ministeriale è saltato fuori che si starebbero sfogliando altri petali della margherita. Sempre dai giornali si apprende che si tratterebbe di «due soggetti privati che non vengono nominati. Ma uno avrebbe, ieri alle 13:30, formalizzato una manifestazione di interesse. E l’altro sarebbe in procinto di farlo, con il carteggio che verrebbe presentato entro dieci giorni. Dagli “identikit” scambiati fra gli interlocutori su quelli che sarebbero i due nuovi gruppi interessati, uno parrebbe riconducibile alla Pizzarotti di Parma. L’altro rimane nel mistero».
Nel frattempo, se si sono sviluppate nuove attività per la storica cooperativa, ad andar bene non se ne è data gran pubblicità. Più che altro si sono sciorinati i tentativi di vendita di tutto il vendibile per far cassa. Incassando, la dirigenza, continue attestazioni di stima da Sindaco e vertici della lega delle cooperative che appaiono sinceramente totalmente prive di qualsivoglia giustificazione. Ora che ci si avvicina al momento in cui non saranno consentite ulteriori proroghe (dopo la lunga serie comunicata dalla dirigenza a partire dallo scorso anno), perfino de Pascale sembra finalmente rispondere positivamente all’invito che a suo tempo Ravenna in Comune gli aveva rivolto. Allora, eravamo a giugno 2020, scrivevamo: «Se il PD, Sindaco in testa, continuerà a farsi garante di questo gruppo dirigente, porterà su di sé la piena responsabilità a che la CMC venga trascinata a fondo dal suo passato. Che è poi un ingombrante presente. Sarà colpa del PD se non agguanterà la ciambella di salvataggio di un concordato per nulla scontato e ancora tutto da applicare, rinnovandosi nelle attività e nelle modalità, nelle persone a cui si affida e nei fini perseguiti. Sarà colpa del Sindaco e del suo partito se la CMC dovesse affogare e trascinare con sé nel gorgo una buona fetta di economia cittadina». A margini dell’incontro dell’altro giorno, riferiscono i giornali, «il primo cittadino avrebbe sferzato, in videoconferenza, i vertici della cooperativa nel chiedere di dichiarare quali siano i due gruppi interessati». «C’è bisogno di un cambio di passo, di un salto di qualità» sarebbe sbottato, finalmente, de Pascale.
Oramai, forse, è troppo tardi. Da parte di Ravenna in Comune resta, inalterata, la totale solidarietà con lavoratrici e lavoratori, soci e non, direttamente e indirettamente impiegati nei cantieri della cooperativa o sospesi in cassa integrazione. Quanto dichiaravamo già tre anni fa, il 12 agosto 2019, resta di sconcertante attualità:
«Torniamo a dirlo con forza. Come Ravenna in Comune siamo dalla parte dei lavoratori e soci di CMC nel tentativo di dare continuità e, soprattutto, occasioni di reddito da lavoro ad una storia centenaria. Non condividiamo affatto, però, la palese volontà di garantire sopravvivenza all’attuale gruppo dirigente, responsabile della situazione attuale assieme a quello che l’ha preceduto, dando continuità alle pratiche che sono state la causa della crisi attuale e che, temiamo, a breve riproporrebbero analogo esito qualora venisse schivato il presente rischio di fallimento: grandi opere e finanziarizzazione spinta».