I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Ravenna, in esecuzione della sentenza di condanna definitiva, a seguito di patteggiamento alla pena di 2 anni di reclusione per i reati di bancarotta fraudolenta, frode fiscale e falso in bilancio, condizionalmente sospesa, emessa dal G.U.P. del Tribunale di Ravenna nei confronti di un imprenditore di origini campane, già amministratore unico, fino al fallimento, di una società ravennate operante nel settore delle costruzioni meccaniche “On e Offshore”, hanno proceduto alla confisca della liquidità bancaria e dei beni nella disponibilità del condannato per un valore complessivo di 450.000 euro.
La condanna, divenuta irrevocabile, costituisce l’atto finale di un’attività investigativa svolta dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Ravenna e coordinata dalla locale Procura della Repubblica, che aveva permesso di appurare come l’odierno condannato negli anni immediatamente precedenti al fallimento della società amministrata, dichiarato nel 2016, pur consapevole dello stato di decozione, aveva dolosamente posto in essere una serie di operazioni delittuose con l’intento di svuotare le casse sociali.
Per prima cosa aveva contabilizzato fatture false emesse da un’altra società campana da lui stesso di fatto amministrata, in cui le prestazioni di servizi rese venivano sistematicamente gonfiate raddoppiandone gli importi, riuscendo così ad annotare in contabilità costi fittizi per 1,8 milioni di euro e conseguendo un illecito risparmio fiscale per oltre 900.000 euro. Peraltro, dai successivi approfondimenti finanziari emergeva che le somme distratte venivano incassate dalla società fornitrice emittente le false fatture, ma poi subito dopo stornate ad altra società compiacente e quindi prelevate in contanti o bonificate a terze persone che le riconsegnavano nelle mani dello stesso imprenditore, ideatore della frode.
Nello stesso tempo il condannato poneva in essere altre condotte distrattive, provvedendo a pagare una fattura falsa di una società rumena per 40.000 euro e a bonificarsi direttamente oltre 120.000 euro sotto forma di restituzione di fittizi prestiti alla società.
Intanto lo stesso imprenditore, incurante della crisi di liquidità in cui versava l’azienda che aveva interrotto il pagamento delle forniture e degli stipendi ai dipendenti, continuava ad usare la carta di credito aziendale come portafoglio personale, dissipando oltre 50.000 euro tra ristoranti di lusso, boutique, gioiellerie e viaggi internazionali.
Alle conseguenti imputazioni per bancarotta fraudolenta patrimoniale e frode fiscale si sono poi aggiunte altre ipotesi di reato costituite dalla bancarotta preferenziale per aver effettuato pagamenti per 150.000 euro nei confronti di soli due creditori, tra i tanti, e di false comunicazioni sociali per aver contabilizzato e riportato in bilancio un ammontare di debiti verso fornitori, inferiore al reale, per oltre 400.000 euro per mezzo di false note di credito.
L’intero, articolato quadro probatorio ricostruito dalle Fiamme Gialle ha quindi permesso alla Procura della Repubblica di Ravenna di chiamare in giudizio l’imputato, che ha scelto il rito premiale del patteggiamento per definire l’intera vicenda, che si è quindi conclusa con la sentenza di condanna e con l’ordine del Giudice di confiscare ogni bene nella disponibilità del condannato fino al complessivo ammontare del profitto illecito conseguito nel tempo.
I militari del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Ravenna hanno quindi confiscato le somme rinvenute sui suoi conti bancari, gli altri valori finanziari a lui intestati, alcune partecipazioni sociali ed un immobile per un valore complessivo di 450.000 euro.