“Analisi dei flussi marittimi container da e per il Porto di Ravenna” è il tema dello studio affidato dall’Associazione Ravennate Spedizionieri Internazionali a SRM (Centro Studi specializzato nell’Economia del Mare), presentato presso la sala convegni dell’Autorità di sistema portuale ravennate il 31 maggio scorso.
Le criticità riconosciute da questo studio al porto di Ravenna attengono in sintesi all’impossibilità di accesso e di manovra delle navi con capacità di carico fino a 12.000 teus (le “Post panamax”, lunghe 360 metri e larghe 49, con pescaggio di 15 metri a pieno carico), i costi maggiori rispetto ai porti concorrenti, il maggior tempo di trasporto dal porto di imbarco a quello di sbarco (il “transit time”) e le poche piattaforme logistiche nell’entroterra (“in land”). Non c’è dubbio.
Ma da molto tempo noi di Lista per Ravenna parliamo di criticità ancora maggiori e più oggettive, non prese in considerazione dallo studio, connesse al fatto che la totalità delle compagnie di navigazione che trasportano container sceglie come porti di primo livello quelli del mar Tirreno, degradando al secondo livello quelli dell’Adriatico, come mostra plasticamente la mappa delle rotte di primo livello tracciata da Evergreen Marine Corporation, compagnia di navigazione tra le primissime al mondo. Per fortuna, Genova e La Spezia, i nostri diretti concorrenti, non hanno possibilità di ulteriore espansione, essendo incastonate fra l’Appennino e il mare, mentre Ravenna ha consistenti possibilità di estendersi nel proprio hinterland.
Ne discende che il traffico in arrivo o in partenza da Ravenna per l’Oriente riguarda esclusivamente l’import/export locale (cioè originato o concluso nel raggio breve di duecento chilometri da Ravenna), oppure deriva dalla congestione dei due porti tirrenici. Nei confronti di questi, Ravenna è però nettamente svantaggiata dai noli marittimi penalizzanti, dai tempi di transito maggiori e dalle gabelle locali aggiuntive – per cui siamo tra i porti più costosi in Italia – in quanto i container destinati in Adriatico devono prima essere sbarcati in un grande scalo mediterraneo, come Pireo, Malta o Gioia Tauro, ed essere poi reimbarcati su navi minori per poter accedere ai porti adriatici.
Portare il porto canale ad una profondità di 12,5 metri (14,5 metri sono assurdi da raggiungere e mantenere, oltreché costosissimi), il suo inserimento nelle Zone a Logistica Semplificata della Regione, capace di introdurre semplificazioni amministrative, incentivi economici e sgravi fiscali a favore delle imprese, la sistemazione della rete stradale da e per il porto in tutte le direzioni da parte di ANAS ed il tanto richiesto potenziamento delle due linee ferroviarie a sinistra e a destra del canale Candiano da parte della Rete Ferroviaria Italiana sarebbero certamente molto fruttuosi, se realizzati in tempi ragionevoli. Concordiamo in ciò con lo studio.
Continuiamo però la nostra insistente battaglia, affinché:
- il porto di Ravenna riduca di molto i propri super prezzi;
- torni ad attirare le merci varie col loro alto valore aggiunto, malamente e improvvidamente emarginate per concentrarsi esclusivamente sull’argilla;
- siano resi più equilibrati i contratti con le industrie della ceramica, di cui siamo diventati il magazzino unico in Italia delle argille e dei feldspati importati, con ricavi irrisori, puntando ad ottenere che i container carichi di piastrelle ripartano da Ravenna, anziché da La Spezia, come succede oggi per l’80% delle lucrose esportazioni.