“È sufficiente contare il numero di codici bianchi che si rivolgono ai Pronto soccorso per capire cosa non funzioni nel sistema e quali interventi siano necessari. Ad oggi sono migliaia le persone che tutti i giorni in Emilia-Romagna si rivolgono al Pronto soccorso chiedendo di usufruire prestazioni di base che nulla hanno a che fare con l’emergenza e con l’urgenza. Di conseguenza, pur apprezzando le proposte della Regione, riteniamo che da sole non bastino e che sia necessario fare altro per dare risposta alle difficoltà e per evitare fughe di professionalità ed esperienze fondamentali per il nostro servizio sanitario regionale.
Iniziando da cose semplici e basilari, come evitare di assegnare ai medici dei Pronto soccorso, oltre alle normali funzioni, anche quelle di guardia ospedaliera, come spesso accade negli ospedali di piccole e medie dimensioni. Con il rischio di trovare fuori dalla struttura il medico che dovrebbe sostare in PS perché obbligato a controllare anche altri reparti, trovandosi poi in difficoltà nella gestione di un’emergenza improvvisa. E tornando a sviluppare i protocolli per la gestione dell’emergenza territoriale, per garantire la massima efficacia ed efficienza utilizzando in maniera proficua i medici dipendenti all’interno del Pronto soccorso.
Dopodiché, va aperta una discussione sul decreto ministeriale numero 71 per la riorganizzazione della rete territoriale delle cure primarie, indirizzando chi ha problemi non urgenti/emergenti verso strutture idonee per evitare inutili intasamenti. Provando a capire se è bene che eventuali ambulatori di gestione dei codici bianchi rientrino nei Pronto soccorso (come nella proposta della Regione) o all’interno delle Case della Salute (come immaginiamo noi) evitando così di legittimare flussi di prestazioni che provocano ulteriori intasamenti.
Riteniamo anche fondamentale progettare la necessaria formazione/informazione nell’utilizzo dei servizi, uscendo dalla logica punitiva del superticket nei confronti di chi si rivolge erroneamente al Pronto soccorso, ed entrando in quella dell’uso consapevole della rete dei servizi.”