Pubblichiamo una lettera aperta inviata da Linda Maggiori agli organi di stampa, al Sindaco di Faenza Massimo Isola, all’Assessore Parchi e Spazi Verdi Massimo Bosi, all’Assessore Urbanistica e Ambiente Luca Ortolani, al Presidente del Consiglio Comunale Niccolo Bosi (con preghiera di inoltrare a tutti i consiglieri) e al Presidente del Centro Sociale Giovanni Ragazzini:
“Pochi giorni fa, negli orti sociali del Centro Sociale Corbari, in via S.Orsola, è stato affisso un avviso sulla “Gestione corretta dell’orto comunale avuto in uso”, firmato dall’assessore Massimo Bosi.
Segue una lista di divieti, tra cui il divieto di coltivare fiori (sic!) e alberelli da frutto, nonché il divieto di mettere paletti in legno per delimitare l’orto, ecc… Divieti che rendono di fatto impossibile la coltivazione con metodo sinergico.
Se entro 30 giorni dall’affissione gli ortolani non “regolarizzano” l’orto, il Presidente del Centro Sociale provvederà alla segnalazione degli ortolani “ribelli”, che riceveranno una lettera a casa, e dopo ulteriori 30 giorni il Comune procederà allo “sfratto”.
Queste restrizioni, è bene sottolineare, non sono però presenti nel regolamento comunale né nei regolamenti di altri orti sociali. Perché quindi il Comune usa questo “pugno di ferro” solo verso alcune zone della città?
Il Comune non ha niente di meglio da fare, appena usciti da due anni di pandemia, e nel pieno di una terribile crisi economica, climatica, energetica che sfrattare quelle famiglie che coltivano un orticello in modo sinergico e rispettoso dell’ambiente?
In altre città si fanno corsi per l’orticoltura sinergica, da noi invece si intima di sradicare i fiori. Qual è il senso?
Ricordo che il metodo sinergico è tra i più rispettosi del suolo e dell’ambiente, promuove meccanismi di autofertilità del terreno tramite bancalirialzati, pachamatura, compostaggio, consociazione tra varietà diverse di ortaggi e piante, fiori (che attirano insetti pronubi e impollinatori e allontanano insetti dannosi). Nell’orto sinergico sono ben accetti anche gli alberelli e gli arbusti, utili per aumentare la biodiversità e rinfrescare le colture dalle roventi temperature estive.
Gli appezzamenti degli orti sociali misurano circa 30-40 metri quadrati: anziché vietare a prescindere ogni albero si potrebbe valutare caso per caso, prevedere un limite massimo di un solo alberello da frutta (di piccola media taglia) per ogni orto, posto in modo tale da non fare ombra all’orto vicino.
Gli orti urbani sono uno strumento potentissimo per l’inclusione sociale, per il benessere psico-fisico dei cittadini, per la sovranità alimentare, sono un luogo educativo, ricreativo per i bambini che li frequentano con i loro nonni e genitori. Da alcuni anni infatti gli orti vengono assegnati anche alle famiglie, e non più solo ai pensionati, proprio per valorizzare la loro funzione sociale, educativa e non solo produttiva. Vietare il metodo sinergico, è quindi ancora più incomprensibile.
Il Comune dovrebbe altresì preoccuparsi di aggiornare il regolamento comunale sugli orti urbani (CC 86/2016) vietando i fitofarmaci e i concimi chimici (questi sì pericolosi) ammettendo (al limite) solo quelli contemplati nell’agricoltura bio. L’attuale regolamento comunale prevede (art 9) l’utilizzo di fitofarmaci secondo una classificazione ormai superata.
Gli appezzamenti non sono separati da siepi, e le sostanze che vengono irrorate su un appezzamento facilmente finiscono in quello del vicino, o possono essere toccate dai bambini che normalmente giocano tra gli orti. Sarebbe inoltre importante vietare l’utilizzo del legacci in plastica, i cui residui si trovano nel terreno per decenni, e ammettere solo quelli con materiale naturale e compostabile.
Mi auguro infine che “l’ultimatum sui fiori” sia ritirato e nessuna famiglia sia posta davanti al bivio se adattarsi alla coltivazione tradizionale, estirpando i fiori, o essere sfrattata.
W i fiori, w gli orti di pace!”