l caso Braibanti è stato uno scandalo tutto italiano di cui oggi uno spettacolo ripercorre, attraverso documenti d’archivio, lettere e arringhe, il processo a cui fu sottoposto l’intellettuale piacentino.
Scritto da Massimiliano Palmese e diretto da Giuseppe Marini, la pièce, in scena al Teatro Goldoni di Bagnacavallo lunedì 28 febbraio alle ore 21, ha per protagonisti Fabio Bussotti e Mauro Conte, accompagnati dalle musiche di Mauro Verrone.
Lo spettacolo replicherà martedì 1 marzo al Teatro Il Piccolo di Forlì.
Il 12 ottobre 1964 Ippolito Sanfratello depositò presso la Procura di Roma una denuncia contro Aldo Braibanti “per aver assoggettato fisicamente e psichicamente” uno dei suoi figli, Giovanni, all’epoca maggiorenne. Giovanni Sanfratello, in rotta con una famiglia borghese e cattolica ultra-tradizionalista, frequentava Aldo Braibanti da quando ne aveva diciannove.
Aldo Braibanti, laureato in filosofia teoretica, ex partigiano torturato dai nazifascisti, comunista, studioso di Spinoza, artista e poeta, era un intellettuale e di certo una personalità carismatica: eppure tra Aldo e Giovanni esisteva semplicemente una relazione omosessuale.
Il processo ad Aldo Braibanti si aprì il 12 giugno1968, mentre infiammava la contestazione, e una nuova generazione si scagliava contro la vecchia in cerca di più ampie libertà. Il processo fu una reazione dell’Italia conformista e autoritaria davanti ai cambiamenti sociali e fu soprattutto un’istruttoria contro l’omosessualità. Per questo, all’epoca, “il caso Braibanti” agitò l’opinione pubblica italiana e fu causa di imbarazzo anche per la sinistra.
Respinto e “indifendibile” in quanto omosessuale, Aldo Braibanti fu abbandonato dallo stesso PCI, che pure era stato il suo partito. Solo alcuni intellettuali e uomini di cultura dell’epoca denunciarono l’ambiguità di un processo istituito attorno al reato di “plagio” utilizzato come pericoloso strumento repressivo: Pier Paolo Pasolini, Elsa Morante, Alberto Moravia, Umberto Eco, Cesare Musatti, Dacia Maraini, Ginevra Bompiani. Ma tutti i loro appelli caddero nel vuoto.
Ad Aldo Braibanti furono inflitti nove anni di carcere. Fu l’unica condanna per plagio avvenuta nel nostro paese. Nel 1981 la Corte Costituzionale abolì il reato, giudicandolo incostituzionale.
In scena due soli attori danno voce, secondo gli intenti registici, oltre che ai rispettivi protagonisti anche a tutti gli altri personaggi della vicenda, mentre le musiche eseguite dal vivo fanno de Il caso Braibanti uno spettacolo-concerto dedicato a un intellettuale la cui vicenda fa tornare alla memoria quella di Pier Paolo Pasolini.