Per le imprese romagnole il 2022 ha esordito stretto tra attese e incognite: da un lato la prospettiva di completo recupero dei livelli di Pil pre-Covid e della corsa ai target del Pnrr, dall’altro la frenata che sta subendo la produzione industriale a gennaio a causa dell’aumento dei prezzi energetici e delle materie prime.
E’ quanto emerge dall’indagine congiunturale del Centro Studi di Confindustria Romagna che ha raffrontato il II semestre 2021 con quello dell’anno precedente, chiedendo anche ai propri associati le aspettative per la prima parte del 2022, per capire come il tessuto industriale romagnolo sta reagendo e si sta posizionando nello scenario attuale. Il campione delle aziende fa parte del comparto manifatturiero e dei servizi, e non comprende il settore delle costruzioni.
“Il secondo semestre del 2021 evidenzia indistintamente per le tre province della Romagna, come per il resto del Paese, una crescita di tutti gli indicatori per il tessuto industriale – riassume il presidente Roberto Bozzi – confermando il trend positivo per l’industria manifatturiera dopo l’emergenza pandemica che ha colpito nel 2020 tutti i settori”.
A minacciare la rincorsa iniziata nella seconda parte dell’anno scorso, l’aumento del costo delle materie prime, in aumento per il 75,5% dei rispondenti: considerevoli nello specifico gli aumenti del costo dell’energia elettrica e del gas naturale. E’ questo il motivo per il quale c’è cautela per i primi sei mesi del 2022, e le previsioni sono per la grande maggioranza di stazionarietà.
“Il caro energia pesa su tutte le materie prime e sulla capacità di spesa: con questi rincari il futuro non è roseo e lo vediamo già dal rallentamento dei mercati registrato in queste settimane. Considerando che l’approvvigionamento del gas metano è un problema prettamente europeo e segnatamente italiano, c’è forte preoccupazione soprattutto per quelle aziende che esportano e subiscono un gap di competitività all’estero. Ribadiamo quindi il nostro appello a intervenire subito per cercare di allentare la morsa energetica, sprigionando quanto prima il potenziale di gas naturale che possiamo estrarre a livello nazionale”.
Dettaglio dati II semestre 2021 rispetto al II semestre 2020
Tutti i principali indici economici sono positivi: produzione +15,1%, fatturato totale +23,5% (fatturato interno +30,2%, fatturato estero +15,9%) occupazione +3,6%.
Il 63,3% delle imprese intervistate ha segnalato un aumento degli ordini totali, mentre il 29,5% una stazionarietà, il 7,2% una diminuzione. Per quanto riguarda gli ordini esteri, il 54% delle imprese li ha avuti stazionari, il 9,3% li ha visti diminuire e il 36,7% in aumento.
Il dato relativo alle giacenze mostra una stazionarietà per il 69,1% del campione, un aumento per il 22,3% e una diminuzione per l’8,6%. Il costo delle materie prime ha visto il dato in aumento per il 75,5%, stazionario per il 24,5%.
Per quanto riguarda il ricorso alla CIG gli associati hanno indicato: da escludersi 63,5%, probabile ma limitata 12,5%, poco probabile 20,4%, probabile e consistente 3,6%. Le difficoltà di reperimento del personale risultano: nessuna 13,2%, bassa 16,9%, media 35,3%, elevata 19,9%, molto elevata 14,7%.
Previsioni I semestre 2022
L’andamento della produzione viene previsto in aumento da un 74,1% delle imprese, stazionario da un 25,9% e nessuno degli imprenditori prevede una diminuzione. Per quanto riguarda le previsioni sugli ordini: il 56,8% delle aziende prevede una stazionarietà, il 36,7% un aumento ed il 6,5% una diminuzione.
Con riferimento agli ordini esteri: per il 48,9% saranno stazionari, per il 43,2% in aumento e per il 7,9% in diminuzione. Per quel che riguarda le giacenze, il 61,1% delle imprese le prevede stazionarie, il 36% in aumento ed il 2,9% in diminuzione. Le previsioni sull’occupazione sono stazionarie per il 64,7% del campione, in crescita per il 30,9% ed in calo per il 4,4%.
Accanto alla rilevazione dei consueti indicatori, è stato fatto infine un focus sugli investimenti effettuati nel 2021 che si confermano positivi sia in rapporto al fatturato (4,9%), sia nella variazione percentuale delle spese per investimenti rispetto al 2020 (+13,2%). Per quel che riguarda la tipologia degli investimenti effettuati nel 2021, quelli più ricorrenti sono in formazione (36,6%), ICT (35,1%), ricerca e sviluppo (29,9%), ambiti di investimento prediletti anche nelle previsioni del 2022. Tra i fattori critici e gli ostacoli segnalati per la realizzazione di investimenti, la difficoltà a reperire profili adeguati risulta essere la più importante (14,9%), seguita dalla difficoltà a reperire risorse finanziarie (11,2%) e difficoltà amministrative e burocratiche (11,2%).