Sembra che Ravenna non sappia di possedere una delle più importanti opere dell’arte contemporanea italiana, dal valore incommensurabile, firmata da Alberto Burri, tra i più grandi maestri del ventesimo secolo. è Il Grande Ferro R”, ultima sua scultura prima della morte, creata nel 1990 per il piazzale del Pala De Andrè. Commissionata da Raul Gardini, alta 12 metri e formata da cinque archi a sesto ribassato aperti verso oriente e verso i lidi ravennati, intendeva suggerire quell’ideale visione per cui, oltre la pineta, Ravenna ritrova la sua vocazione marittima, facendone occasione di incontro fra civiltà diverse. Una scena teatrale che racconta il rapporto della città di Ravenna con la pineta del suo litorale, suggerendo l’immagine della carena di una nave rovesciata, abbandonata, come un’azione che non si compie, un ponte interrotto.

Scrissero Cesare Albertano e Saturno Carnoli il 9 settembre 2019: “Purtroppo nei decenni successivi l’opera e la sua straordinaria potenzialità comunicativa sono state oggetto di un vero e proprio degrado, anche perché le originarie intenzioni del committente e dei progettisti sono state disattese. Tutta la struttura sarebbe dovuta diventare un polo civico di aggregazione aperto continuativamente al pubblico, ma in realtà il Pala De André, passato nelle mani del Comune dopo la caduta dell’impero Ferruzzi, ha svolto solo in minima parte quella funzione urbanistica e sociale. Di conseguenza anche le possenti ‘mani’ create da Burri, invece di diventare il genius loci di quello spazio, sono state dimenticate, mai inserite in una guida della città, del tutto misconosciute dagli stessi ravennati che di quell’oggetto, intravisto a malapena passando in macchina per viale Europa, danno le interpretazioni più curiose, pensandolo a volte come l’impalcatura abbandonata di un cantiere o come il resto di un macchinario ormai inutilizzabile. E dall’essere interpretato come inutile ‘resto’, a diventare oggetto di veri e propri sfregi, il passo è breve: è stato ingabbiato in padiglioni fieristici, è stato usato per appoggiare il camino di un condotto di areazione o cassonetti dell’immondizia, è stato sfruttato per stendere cartelloni pubblicitari e promozioni commerciali, è stato perfino trasformato in spazio caffetteria […].

Come dire di allestire un bar nell’abside di San Vitale o una rivendita di giornali a Galla Placidia! Solo recentemente il profilo della scultura è diventato un marchio della Festa dell’Unità che lì si svolge ogni anno, ma restano pochi coloro che riconoscono il valore autonomo e il significato di questa vera e propria abside laica del Novecento”.

La pandemia ha risparmiato ulteriori avvilimenti del Grande Ferro R al traino della Festa dell’Unità, ma l’OMC di quest’anno ha dovuto, non per sua colpa, ingabbiarlo nella propria struttura espositiva.

Nel girarcene alcune foto, un cittadino amareggiato ci ha scritto: “La grande cultura ravennate. Ravenna ha il privilegio di esporre la più grande scultura di Alberto Burri. Ecco come la trattiamo: Si potrebbe dire che dia fastidio. Dovremmo evidenziare questa opera di Burri inserendola nei percorsi turistici, non trattarla come un fastidioso accidente. Siamo alle solite. Grazie per l’attenzione che vorrete dare a questo scempio”.

Soccorre qui lo scritto già citato di Albertano e Carnoli: “Dopo anni di polemiche che non hanno risolto in positivo la valorizzazione della scultura, alcuni settori dell’opinione pubblica ne hanno proposto una ricollocazione […].L’idea di un trasferimento in altro sito a Ravenna dell’opera di Burri non ha suscitato veti o perplessità da parte dei dirigenti della Fondazione Burri, semmai la proposta ha creato notevole interesse e curiosità a valutare puntualmente il progetto nel caso emergesse una disponibilità delle istituzioni ravennati a dialogare con identica visionarietà alla visionarietà di Burri, soprattutto in vista dell’imminente costruzione di un nuovo palazzetto dello sport che ne soffocherebbe definitivamente ogni possibilità comunicativa e ogni dignità artistica […]”.

Purtroppo le “istituzioni ravennati” hanno avuto altro da fare che occuparsi di cultura, forse pensando che Ravenna ne debba sopportare troppa. Tuttavia, all’atto di un cambio di scena alla guida della nostra città, fervido di nuove luminose enunciazioni programmatiche, non sembra improprio chiedere al sindaco in scadenza, candidato a succedersi per i prossimi cinque anni, cosa intenda fare del “Grande Ferro R” di Alberto Burri prima che la costruzione del nuovo Palazzetto dello Sport a fianco del Pala De André lo riduca a ferro vecchio. Un consulto tra i principali esperti che dirigono le sorti delle istituzioni culturali ravennati potrebbe essere utile per ricollocare quest’opera, d’intesa con la Fondazione Burri, in altra sede locale capace di restituirle senso e dignità, all’interno di un percorso turistico che la valorizzi. Di qui l’interrogazione question time che Lista per Ravenna rivolge fin d’ora a Michele De Pascale.