Federalberghi Ravenna ha effettuato un sondaggio a campione sulle strutture associate per verificare quali ripercussioni si sono registrate dopo l’introduzione dell’obbligo di esibire il green pass per accedere ad alcuni servizi quali ad esempio quello di ristorazione.
Va precisato che mentre nel corso della prima e seconda ondata i servizi alberghieri erano sempre stati considerati anche dai protocolli Covid luoghi protetti e sicuri, ora tutto viene messo in discussione dall’ultimo decreto. Su questa incongruenza Federalberghi ha chiesto un chiarimento al Ministro del Turismo Garavaglia il quale, ha posto la questione con una faq alla presidenza del consiglio sottolineando che il servizio accessorio di ristorazione alberghiera non è equiparabile al ristorante pubblico.
Dal sondaggio effettuato emerge che gli albergatori riscontrano difficoltà nel rassicurare il cliente e che la comunicazione che si è fatta sul tema green pass ha in alcuni casi disorientato i turisti che hanno anche ridotto la loro propensione ad effettuare il periodo feriale anche modificando le proprie scelte.
La prima preoccupazione per le famiglie è su come dovranno comportarsi con i figli minorenni perché se fino al 12 anno di età questi sono esentati dal green pass, per tutti gli altri che non sono stati vaccinati, il green pass diventerà un problema quando si troveranno nei luoghi di villeggiatura (mare o città d’arte)
Non è infatti pensabile per le famiglie che un loro figlio possa essere soggetto ad un tampone ogni 48 ore per fare qualche giorno di vacanza. Questa previsione normativa stride poi con quanto fatto da molti stati europei dove l’obbligo vaccinale scatta dai 18 anni in su.
Raffele Calisesi, presidente Federalberghi Ravenna, afferma che nel parlare con i colleghi ha riscontrato una forte preoccupazione sull’andamento della stagione estiva, che potrebbe essere danneggiata da un aumento dei casi di covid, anche se senza un’effettiva ospedalizzazione derivante.
Lo stesso concetto è stato ripreso nel decreto concordato con le Regioni, nella definizione dei parametri per il cambio di colore.
I controlli sul green pass peseranno nella corretta gestione alberghiera con un ulteriore onere a carico degli imprenditori che comunque sono già impegnati nel rigido rispetto dei protocolli regionali anticovid.
Inoltre, emerge chiaramente che il garante della privacy ha confermato che il datore di lavoro non può in alcun modo verificare la vaccinazione del dipendente, trattandosi di dato sensibile, e questo al di la del fatto che i lavoratori non vaccinati potrebbero sentirsi discriminati da un cambio di mansioni come richiesto da più parti dalla politica.
Sarebbe importante – conclude Calisesi – che il green pass, che era stato concepito come una norma uniforme a livello europeo per poter garantire la mobilità delle persone negli stati dell’unione, non diventasse invece occasione per limitare gli spostamenti o l’accesso ai servizi da parte della clientela turistica.