“Illusione, dolce chimera sei tu, che fai sognare in un mondo di rose tutta la vita”, cantavano gli italiani nel dopoguerra, mentre ricostruivano alla grande il Paese. Questo ci ha cantato il sindaco De Pascale, per l’intera esistenza della sua carica, sul rilancio alla grande del Porto di Ravenna agonizzante, del quale però, scadendo ad ottobre i cinque anni del mandato elettorale più quattro mesi di bonus per il covid, non si intravvede il benché minimo sussulto.
- Dell’“Hub Portuale di Ravenna” da 235 milioni versati dallo Stato e dalla Banca Europea degli Investimenti – approfondire i fondali del porto canale a 12,5 metri, rifare i primi 6,5 chilometri delle banchine esistenti per adeguarle ai futuri fondali, realizzare una nuova banchina da un chilometro in Penisola Trattaroli per una nuova affaristica avventura della Sapir – mancherà ancora, ad ottobre, perfino il progetto esecutivo.
- Sua premessa fondamentale è comunque estrarre dai fondali 5 milioni di metri cubi di fango, da trattare chissà come e da depositare non si sa quanto sui terreni intorno alla città. Un compito da far tremare i polsi. Finora, in attesa delle nuove mitiche draghe ecologiche, è però arrivata solamente la Gino Cucco, vetusta ammiraglia della società La Dragaggi, come dire scavare il canale con paletta e secchiello, su cui tutto il porto si sganascia. Messa a budget con 4 milioni di euro, interverrà a chiamata laddove le navi s’incaglino se no nei sedimenti, né sarebbe la prima volta.
- Il Terminal crociere da oltre 60 milioni di euro, che dovrebbe portare a Ravenna 300 mila passeggeri l’anno, quando nel 2019 furono appena 17.000, è fermo in Tribunale per una delle tante cause legali che si abbattono ininterrottamente sul porto.
- Circa l’arrivo di mezzo milione di container, vagheggiato allo sfinimento mentre l’obiettivo posto 15 anni fa alla favolosa società pubblica-privata TCR era di raggiungere rapidamente i 300 mila, si veleggia tuttora intorno appena ai 200 mila. Resta dunque semideserto in San Vitale il vecchio terminal container della Sapir, che tuttavia pretende di costruirne uno nuovo in Largo Trattaroli coi soldi dello Stato.
- Perfino il relitto della Berkan B, affondata nel Canale Piomboni tre anni fa, la cui rimozione, al suon di 9,5 milioni, sarebbe dovuta avvenire “entro l’estate” (ipse dixit il 9 maggio 2021), sarà ancora lì ad ottobre.
- Ma dov’è almeno l’ombra di un qualsiasi progetto neppure di carta per il raddoppio delle linee ferroviarie Ravenna/Bologna e Ravenna/Ferrara, per la nuova stazione merci in sinistra Candiano, per il rifacimento ex novo dell’E45, per la nuova E55 Ravenna/Mestre, per almeno il completamento della superstrada Adriatica tra Ravenna e Ferrara, per gli allacciamenti rapidi con gli aeroporti di Bologna, Forlì e Venezia, opere di cui il porto di Ravenna ha bisogno come dell’aria per vivere?
Sindaco di Ravenna, nonché presidente della Provincia di Ravenna, nonché presidente delle Province italiane, nonché membro del consiglio di amministrazione della Cassa Depositi e Prestiti, ecc., tutte poltrone di grande prestigio che scadono con le elezioni comunali di ottobre, a cosa sono servite per il bene del Porto di Ravenna e della nostra città in generale? Alzi la mano chi, avendone toccato alcunché, possa ancora farsi illudere che “A Ravenna si può”.