È passato ormai un mese da quando Facebook ha oscurato la pagina del MAR giudicando non appropriato un post realizzato per la promozione della mostra “Paolo Roversi. Studio Luce”, conclusa il 6 giugno scorso.
In particolare sembra sia stato un meraviglioso nudo artistico al centro dello scandalo, identificato e riconosciuto dall’algoritmo di Facebook come contenuto pornografico. Peccato che nella realtà si trattasse di uno scatto d’autore firmato dal grande fotografo ravennate Paolo Roversi, un’opera d’arte di grande valore. Verrebbe anche da passarci sopra, visto che la censura nasce da un algoritmo meccanico e non da un pensiero critico, ma questa censura comincia a pesare e a complicare la vita di attori culturali come il nostro museo, che si trova costretto dal 28 maggio scorso a rinunciare alla promozione dei propri eventi e delle proprie collezioni sul social network più popolare, mentre contenuti violenti e volgari continuano a circolare liberamente sul web.
Una situazione ormai vissuta anche da altre importanti istituzioni culturali con artisti di fama riconosciuta, come Marina Abramović, le cui opere sono state oscurate da Facebook in occasione della grande mostra a lei dedicata a Palazzo Strozzi.
Ad oggi sono numerose le richieste di ripristino inviate senza esito alcuno al servizio di assistenza del social network in questione, con anche il coinvolgimento dell’Ufficio Legale del Comune di Ravenna. Per ora non possiamo far altro che restare in attesa, sperando che il sistema meccanico che ha deciso di oscurare il nostro profilo si decida di riaprirlo in fretta, riconoscendo la libertà dell’arte e quella di poterla divulgare.