“Il 17 marzo ricorre il 160° dell’Unità d’Italia. Le ricorrenze laiche hanno sempre un significato profondo. È di per se il rinnovamento di una memoria di un evento, il mantenere vivo una storia nella quale ci riconosciamo e, con essa, i suoi valori e ideali che la quotidianità, spesso ci fa dimenticare o dare per scontati” commenta Eugenio Fusignani, vicesindaco di Ravenna e presidente della Fondazione Ravenna Risorgimento.
“Scevro da ogni retorica il ricordare l’unità d’Italia del 1861 ci porta oggi a custodire un ricordo lungo 160 anni. Ma che sia dedicata questa giornata anche ricordo di come fu costruita l’Italia, il suo Risorgimento che ha visto uomini donne e giovani come i veri protagonisti di una lotta per l’indipendenza. È proprio verso le donne del Risorgimento che dovremmo rivolgere il nostro sguardo, tanto più quest’anno quando si andrà a celebrare in 200 della nascita di Anita Garibaldi. L’indomita, la passionaria, l’eroina del Risorgimento Italiano.
Ma al suo fianco non dobbiamo dimenticare neanche la fatica e i tormenti che dovette subire un’intera generazione, veri protagonisti del cambiamento vorrei ricordare il giovane ravennate Gaetano Maldini che a soli 14 anni seguì Giuseppe Garibaldi fino a Roma nell’inverno del 1848. Un testimone di quella che fu la Repubblica Romana nata dagli insegnamenti dell’Apostolo della Libertà; Giuseppe Mazzini. Perché se l’unità d’Italia fu opera e minuzioso lavora di Cavour e della casa Savoia non possiamo dimenticaci che i le fondamenta della nostra indipendenza vennero gettate proprio dalle idee e di Mazzini fin dai primi moti rivoluzionari degli anni ’30 del XIX secolo. C’è un altro ragazzo ravennate che mi preme di ricordare, un ragazzo che in qualche maniera ha raccolto il pesante testimone della lotta per l’indipendenza, è Dario Busmanti che seguì Garibaldi nel 1860 durante la spedizione dei Mille e trovò la morte nei pressi di Napoli.
Sono questi pochi e semplici testimonianze di come si è giunti a quel lontano 1861. Un anno pieno di speranza di progetti e di senso ritrovato d’orgoglio per la propria terra che finalmente si poteva esprimere in Nazione. E non a caso nel discorso di Vittorio Emanuele II, il primo re dell’Italia Unita si rivolgeva al suo popolo tramite i deputati e i Senatori in questi termini:
Signori Senatori! Signori Deputati!
Libera ed unita quasi tutta, per mirabile aiuto della Divina Provvidenza, per la concorde volontà dei Popoli, e per lo splendido valore degli Eserciti, l’Italia confida nella virtù e nella sapienza vostra. A voi si appartiene il darle istituti comuni e stabile assetto. Nello attribuire le maggiori libertà amministrative a popoli che ebbero consuetudini ed ordini diversi veglierete perché la unità politica, sospiro di tanti secoli, non possa mai essere menomata”.