«Quanti a Ravenna vivono di porto col loro lavoro (liberi imprenditori, professionisti, addetti, operai) sono rabbrividiti nel leggere i dati dolorosi di questi giorni pubblicati dall’Autorità Portuale accoppiati con le dichiarazioni mirabolanti sulle prospettive del nostro scalo decantate da chi “lavora” su comode poltrone politiche: sindaco e assessore all’urbanistica di Ravenna, vicesindaco, presidenti della Sapir e della CTR, che ne gestisce il terminal container» a dirlo è Maurizio Marendon, responsabile di Lista per Ravenna
per il Porto e l’Ambiente, che commenta amaramente il calo del traffico portuale pubblicato nelle ultime statistiche. .
«Nel pesantissimo -23,2% delle merci movimentate in agosto, che significa un nefasto -17,4% da gennaio, si inserisce infatti il calo rovinoso dei container, vero fondamentale valore economico di sviluppo del porto, che ad agosto è stato del -20,63%, assestandosi sul -11,54% nei primi otto mesi dell’anno. Che possa solo andare peggio lo ha ammesso a denti stretti l’Autorità Portuale dichiarando che “gli sbarchi del nostro porto potrebbero subire ulteriori ribassi”. Fioccano nel frattempo le notizie su come la tanto declamata Via della Seta, in cui la Cina ha già investito 12 miliardi di euro, stia virando dall’Italia sull’altra sponda dell’Adriatico, riducendosi così a Via dei Balcani. In effetti, i cinesi puntano ad assicurarsi la maxi-concessione del porto di Rijeka (l’ex italiana Fiume), con tanti saluti ai sogni di gloria di Ravenna, rimasta a contendersi con Venezia e Trieste le piccole fette di mercato del sud est mediterraneo e del medio-oriente»
Marendon parla di inganni: «Le magnifiche sorti e progressive del porto di Ravenna invece recitate dal potere politico consistono innanzitutto nell’approvazione, da parte del Comune, di una variante urbanistica che consente alla Sapir di svuotare una propria cassa di colmata da un milione di metri cubi di fanghi portuali lì depositati da un’infinità, per depositarvi nuovi fanghi ancora tutti da scavare. Via libera inoltre ad un Piano Urbanistico Attuativo su 37 ettari della SAPIR nella penisola Trattaroli, dove costruire “un nuovo terminal container, per la cui attivazione si raggiungeranno i 14,50 di fondale”. Un delirio fuori della logica e del tempo, dato che il progetto “Hub portuale di Ravenna”, finora finanziato con 225 milioni, limita l’approfondimento dei fondali a -12,5 metri. Folle inoltre l’obiettivo dichiarato che il nuovo terminal sappia “movimentare 500 mila unità di container (TEU)”, quando quello attuale, in darsena San Vitale, è sfruttato molto sotto ai 300 mila, che avrebbe dovuto raggiungere una decina di anni fa, mentre è ormai certo che a fine 2020 si raggiungeranno a fatica i 200 mila.
Hub portuale raggiungibile tra non meno di 7/10 anni, nuovo terminal container chissà mai quando, nuova Romea tra Ravenna e Venezia idem, Ravegnana restaurata nei prossimi cinque anni se tutto va bene, sono i sogni venduti al popolo come realtà immediata dalla classe politica più parolaia che esista.
Intanto però la cinghia si è stretta sul porto di Ravenna al massimo grado di sopravvivenza di molte attività, trascinando con sé numerose imprese e migliaia di lavoratori, senza che nessuno abbia ancora partorito idee e progetti per il presente, quasi che il Covid abbia colpito solo altrove e come se qui esistesse un’isola felice e prosperosa, anziché triste e stentata. Lista per Ravenna invoca ripetutamente provvedimenti concreti capaci di restituire efficienza e convenienza all’offerta di servizi e di opportunità del nostro porto; chiede l’abbattimento delle tariffe di imbarco e di sbarco, utilizzando risorse dello Stato e della Regione rese disponibili anche dal monte di miliardi destinati alla ripresa dell’economia dall’emergenza Covid; sollecita l’inascoltata proposta di tavoli tecnici anticrisi lanciata da sindacati e operatori portuali, volta a sollevare aziende e posti di lavoro dal precipizio. Nulla di nulla. Solo fiumi di chiacchiere e dichiarazioni ingannevoli. Il 31 gennaio, quando scadrà il divieto dei licenziamenti, se ne vedranno le conseguenze funeste».