I’11 marzo 2020 ho presentato al sindaco di Ravenna un’interrogazione su “Abusività e irregolarità di una casa famiglia lunghe otto anni”. Attiva nel comune di Ravenna dal 19 maggio 2010 al 7 maggio 2018, ho fittiziamente chiamato questa struttura “ La Casa”, certo che gli uffici comunali competenti avrebbero capito bene quale fosse. Stante il lockdown da coronavirus, il 21 aprile ho richiesto che la risposta mi fosse data scritta. Solleciti della risposta, formulati più volte, anche dalla presidenza del consiglio comunale di Ravenna, non hanno avuto successo. Secondo legge, il sindaco o l’assessore da lui delegato avrebbero dovuto rispondere entro 30 giorni. Data la gravità dei fatti, ho deciso dunque di denunciarli alla Procura della Repubblica tramite un esposto (vedi allegato).
MANCANZA DEL TITOLO D’USO – Da un’interpellanza parlamentare dell’on. Alberto Pagani (PD) datata 27 marzo 2014 si ricavava come l’immobile in cui La Casa ha operato, di proprietà dello Stato, fosse stato dato in concessione nel 1999 per 28 anni, a titolo gratuito, ad un’associazione onlus, con l’obbligo di gestirvi, senza scopo di lucro, un progetto di accoglienza e assistenza alle persone in difficoltà. Da alcuni anni, l’associazione aveva però abbandonato l’immobile, venendo meno all’impegno, tanto da indurre l’on. Pagani a chiedere (inutilmente) quali interventi il Ministero dell’Economia intendesse “adottare, con la massima urgenza, per far rispettare la suddetta convenzione o per poterla revocare”. Sta di fatto che il 19 maggio 2010 si era insediata in quella struttura una cooperativa, la quale però non possedeva alcun titolo di subentro all’associazione benefica titolare della concessione. Né mai avrebbe potuto, svolgendo un’attività commerciale (ospitalità di anziani dietro pagamento di una retta cospicua), caso in cui nessun immobile di proprietà pubblica può essere dato in uso senza il pagamento di un canone del giusto valore. Il Comune di Ravenna non ha mai rilevato, nonostante ai suoi atti figurino ripetute segnalazioni/denunce del fatto, questa grave mancanza, benché, senza il pagamento di alcun canone, lo Stato abbia subìto un danno erariale molto rilevante.
NORME IN VIGORE – Per legge, le strutture sociali residenziali di tipo familiare potevano e possono accogliere al massimo sei ospiti discretamente in salute. In caso di violazione, si applica una sanzione di duemila euro e il Comune diffida il gestore a rientrare nei limiti, potendo anche disporre la revoca o la sospensione dell’attività in caso di gravi infrazioni e del venir meno dei requisiti minimi richiesti, tra cui fondamentale la titolarità d’uso dell’immobile. Il 19 aprile 2016, il Comune di Ravenna ha poi approvato un proprio regolamento sulle Case Famiglia che ha imposto ai gestori ulteriori obblighi e prescrizioni.
SEI “DENUNCE” – Il 13 marzo 2013 un esposto scritto informa il sindaco che “La Casa” in questione “attualmente ospita 11 nonni, un numero di gran lunga superiore a quello consentito per legge; ed il servizio di conseguenza risulta non sufficiente. Il personale, che si risolve in una unica persona, si trova suo malgrado a svolgere mansioni che non le competono come cucinare, fare il bagno ai nonni, somministrare loro le dovute terapie. Spesso i nonni si lamentano ed in tutta risposta vengano aggrediti verbalmente…con frasi tipo ‘se non ti sta bene torna alla tua casa’.Stanca di vedere i nonni così, mi vedo costretta a segnalarlo anche a Voi”. Il 3 giugno 2013, i carabinieri del NAS di Bologna rilevano che La Casa ospita 10 anziani, di cui due con problemi neurologici, essendosi in tal modo trasformata abusivamente in una struttura socio-assistenziale mancante della necessaria autorizzazione al funzionamento. Il NAS torna presso La Casa il 7 marzo 2014, constatandovi nuovamente la presenza di 10 ospiti “alcuni dei quali in condizioni di non autosufficienza tale da non essere considerate idonee per la struttura” (…“come constatato anche dai medici dell’AUSL di Ravenna intervenuti successivamente sul posto”). La stessa ispezione viene replicata dal NAS il 20 dicembre 2015, riscontrando che La Casa ospita ancora 10 anziani. Il 23 febbraio 2017 è l’Ispettorato del lavoro ad accertare che La Casa “ospitava all’interno della propria struttura nr. 10 persone” e che “non tutti gli ospiti accolti sarebbero in condizioni di autosufficienza”. Il 7 giugno 2017 tocca all’AUSL compiere un’ulteriore ispezione, che, alla luce del nuovo regolamento comunale, accerta una serie numerosa di violazioni e irregolarità: tre anziani in più di quanti ospitabili e posti letto allestiti in soprannumero; “l’intera struttura in condizioni di disordine generale”; certo personale non in possesso dei requisiti richiesti; programmazione dell’attività e pianificazione dei turni di lavoro inesistenti; piani assistenziali solo per quattro ospiti; carta dei servizi compilata sommariamente. Dall’esame della voluminosa documentazione agli atti della pratica non risulta che, nonostante ogni volta sia i NAS, che l’AUSL, che l’Ispettorato del Lavoro abbiano chiesto al Comune di adottare i provvedimenti dovuti, sia mai stata applicata alla struttura la revoca della possibilità di funzionare, ma nemmeno un giorno di sospensione dell’attività.
CONCLUSIONE – Il 5 luglio 2018, La Casa cessa l’attività per riproporsi in altra veste giuridica presso un altro immobile nel comune di Ravenna modificando leggermente il suo vecchio nome. Anche perché non avesse più a ripetersi alcunché del genere, a danno di persone anziane tra le più deboli e indifese, la mia interrogazione chiedeva: come sia potuto succedere così a lungo che La Casa abbia funzionato senza avere titolo d’uso dell’immobile occupato; perché, a fronte delle suddette denunce/ispezioni, non le sia stato applicato alcun blocco o sospensione dell’attività; se i soggetti pubblici di volta in volta competenti abbiano almeno applicato le dovute sanzioni finanziarie. Alla Procura della Repubblica chiedo ora che, qualora ravvisasse nei fatti esposti la sussistenza di reati, per atti commessi oppure (da parte della pubblica amministrazione) omessi o rifiutati, voglia perseguire i responsabili ai sensi di legge. Nel caso poi che possa essere stato procurato un danno erariale alle casse dello Stato ho chiesto che ne sia data comunicazione alla competente Procura regionale della Corte dei Conti.