I rappresentanti del Comune di Ravenna lasciano stizziti il tavolo del Parco del Delta del Po. Tutto lascia presupporre che lo “spacchettamento” funzionale alle prossime elezioni comunali (Comacchio a breve e Ravenna nel 2021) avrà luogo. Altro che parco nazionale, previsto dalle norme, con cui riconoscere e garantire dignità e tutela per la zona delizia più importante d’Italia! Con la scissione tra Ravenna e Ferrara, ogni comune potrà recintare il proprio giardinetto e metterlo al servizio degli interessi localistici – quasi sempre in contrasto con l’obiettivo primario della tutela – gestirlo in autonomia, considerare flora e fauna (sopratutto avifauna) senza una visione territorialmente ampia, coerente ed omogenea quanto mai urgente nei periodi difficili come l’attuale, dove incombono cambiamenti climatici, inquinamento, erosione, salinizzazione, ecc. Al contempo, verrà garantita una nuova serie di poltrone disponibili. Una clamorosa retromarcia: dal Parco si passa ad una specie di zoo a compartimenti stagni, a servizio della politica e degli interessi di bottega.
Durante l’ecatombe di Valle Mandriole, per disperazione persino noi avevamo immaginato di poter sottrarre dalla scellerata gestione comacchiese le nostre aree più preziose: ora che è giunto in Comune a Ravenna un dirigente preparato e coscienzioso, tutto lascerebbe presupporre che buoni passi avanti possano essere finalmente fatti. Ma non neghiamo la storia, la geografia, la scienza: il primo Po della storia era a Primaro, a pochi passi da Ravenna! E Ravenna nacque per questo motivo. Vocaboli legati alla natura sono gli stessi da Ravenna a Venezia. Non si sanano istituzioni presiedute o dirette da incapaci abolendole. La scissione del Parco in più aree di province diverse è una operazione antistorica, antigeografica, contraria alla scienze ed ingiustificabile. Come Italia Nostra non possiamo che rimarcare fermamente tutto questo.