Come era ampiamente preventivabile sin dai giorni immediatamente successivi le prime misure di contrasto alla diffusione del virus Covid-19 adottate dal Governo, alla tragica emergenza sanitaria che è sotto gli occhi di tutti in questi giorni si va ad aggiungere un’emergenza di tipo economico-produttivo con pesanti ripercussioni sul mondo del lavoro. Senza per ora andare troppo in là con le previsioni macro-economiche, si può già fare un primo bilancio di quello che sta avvenendo alle lavoratrici e ai lavoratori delle aziende della nostra provincia.
I dati aggiornati al 27 marzo mostrano che sono 12.556 i lavoratori sottoposti ad uno qualsiasi degli ammortizzatori sociali messi a disposizione dalla normativa. Si tratta di un numero in continuo aumento, viste anche le oltre 100 richieste già pervenute di esame congiunto non ancora effettuato. Mai, nemmeno negli anni più bui della crisi si erano registrati valori simili. A fine 2009 e a metà 2013 erano stati rispettivamente 7.765 e 7.451 i picchi di lavoratori contemporaneamente sottoposti ad ammortizzatore sociale.
“Siamo di fronte a numeri drammatici – commenta il segretario generale della Cgil di Ravenna, Costantino Ricci -; la crisi legata alla pandemia si è innestata su uno scenario economico che, a livello territoriale, già da tempo manifestava segnali di difficoltà. In questa prima fase vanno utilizzati tutti gli ammortizzatori sociali a disposizione in modo da sostenere il reddito dei lavoratori e si spera che queste somme arrivino quanto prima. Su quest’ultimo aspetto saranno fondamentali la disponibilità delle aziende a concedere gli anticipi e l’azione del sistema bancario. Ci troviamo ad affrontare una sfida inedita e di grandi proporzioni. I sindacati proseguono, con tutti gli accorgimenti e le precauzioni richieste, nella loro attività e sono al fianco delle Rsu e dei lavoratori. È chiaro che sarà la condizione di sicurezza dei lavoratori, che ancora oggi proseguono nelle attività, a determinare la capacità del sistema di avere la meglio sul Covid-19. Senza condizioni di lavoro in sicurezza rischiamo di perdere progressivamente le nostre attività produttive”.
I numeri dell’emergenza
“L’impegno profuso in questo mese dal sindacato – spiega Davide Gentilini, responsabile dell’Ufficio studi e ricerche della Cgil di Ravenna -, in condizioni ovviamente mai esperite prima, ha consentito fino ad ora di siglare verbali congiunti di richiesta di intervento riguardanti 1.336 aziende. I primi settori, in ordine di tempo, ad avere avuto necessità di ricorrere agli ammortizzatori sono stati quelli legati alla filiera dell’educazione scolastica. Con le chiusure degli asili nido, delle scuole di ogni ordine e grado e delle università (previste nell’ordinanza firmata dal presidente della Regione, Stefano Bonaccini, e dal ministro della Salute, Roberto Speranza il 23 febbraio) si è resa necessaria la tutela di tutti i lavoratori impegnati nei settori educativi direttamente coinvolti, ma anche di quelli addetti ai servizi di pulizia, mense e trasporti scolastici. Via via che le previsioni normative si facevano più stringenti, dal cosiddetto dpcm #iorestoacasa del 9 marzo a quello del 22 marzo che decreta la chiusura delle attività non essenziali, sono aumentate le categorie di imprese, e quindi di lavoratori, interessate”.
Le attività di bar e ristorazione, cura della persona (parrucchiere ed estetiste), negozi non alimentari e pulizie, fanno attualmente registrare la situazione più drammatica (677 imprese per 3.944 lavoratori), ma soprattutto nell’ultima settimana si sono aggiunti settori produttivi più strutturati, come l’edilizia (125 aziende per 1.696 dipendenti) e la metalmeccanica (rispettivamente 250 e 2.923).
Per quanto riguarda il tipo di ammortizzatore richiesto, ad oggi lo strumento più utilizzato è il Fondo di Solidarietà Bilaterale per l’Artigianato (che sta coprendo 606 aziende artigiane e 2.378 lavoratori) seguito dalla Cassa integrazione ordinaria in deroga (ai sensi dell’accordo tra regione e parti sociali firmato il 6 marzo) che interessa 408 aziende e 1.613 lavoratori. La Cassa Integrazione Ordinaria, legata al mondo industriale, conta “solamente” 178 aziende, ma consente di sostenere e garantire continuità occupazionale a 4.604 lavoratori. “Questa è la fotografia del primo mese di emergenza-coronavirus – dice Gentilini -, ma l’evolversi rapido e imprevedibile della situazione potrebbe renderla obsoleta già nel giro di poche settimane”.