Ben oltre il 50% dei ragazzi tra i 15 e i 20 anni manifesta importanti problematicità nel ritagliarsi una pausa nella esposizione alle nuove tecnologie, fino al punto da arrivare a controllare in media lo smartphone più di 70 volte al giorno. Con picchi sempre più crescenti, fino a 110 volte al giorno. In sintesi sono questi alcuni tra i dati allarmanti emersi da alcuni sondaggi online condotti dall’Associazione Di.Te. (Associazione Nazionale Dipendenze Tecnologiche, Gap e Cyberbullism) su un campione di 500 persone di età compresa tra i 15 e i 50 anni. E sono questi i dati che, a partire dal nuovo anno scolastico, hanno condotto l’Istituto Tecnico Oriani a riflettere su opportune scelte in campo educativo e didattico.

A più di un mese dalla ripresa delle attività didattiche dopo la pausa estiva, all’Oriani, con il suono della campanella, l’inizio delle lezioni coincide quotidianamente con il deposito di smartphone e altri device in apposite custodie non solo durante le ore di lezione ma anche nel corso degli intervalli, come pure nei laboratori e in palestra, in reciproca e responsabile sorveglianza, per i tratti di tempo e spazio di competenza, da parte di docenti e degli stessi alunni. Non appena in classe, sin dal primo giorno di lezione sono state impartite precise istruzioni da parte degli insegnanti, aggiornando sulle nuove misure condivise con il collegio dei docenti e confermate dal Consiglio di Istituto.

Sono queste le nuove direzioni del Tecnico faentino, aggiornate anche sul regolamento di istituto: il Dirigente scolastico, Fabio Gramellini, ha infatti condiviso con la platea dei docenti una scelta fondamentale per il benessere e la salute degli studenti, che rientra a pieno titolo nel regolamento della scuola nel contesto dell’autonomia didattica.

“Se anni addietro l’interdizione ha avuto una sospensiva solo in alcuni momenti dell’orario scolastico (come gli intervalli), dal nuovo anno 2019-20 il cellulare sarà possibile solo ed esclusivamente per motivi didattici, su permesso dell’insegnante. Quindi, nessuno spazio al caso, nessun margine di tolleranza ai trasgressori se non alla didattica, che deve certo andare di pari passo con azioni costruttive incisive e sostenitrici delle politiche finalizzate a preservare gli studenti, in piena età evolutiva, da abitudini che permettono l’instaurarsi di relazioni problematiche con la tecnologia.

La scuola di Via Manzoni capitalizza notevolmente nel benessere dei suoi studenti: lo attesta l’attenzione ai bisogni socio-relazionali e psicologici dei propri alunni, con la disponibilità all’ascolto riservato degli studenti da parte di uno psicologo interno. Una scelta di campo, si direbbe, tesa a potenziare comportamenti positivi sia nell’interazione fra pari che con gli adulti, nella linea della legalità, nella partecipazione attiva alla progettualità educativa, nella gestione di situazioni conflittuali e nella comunicazione chiara ed efficace. Ma anche a smantellare certi comportamenti negativi, tendenti a leggere proprio nella tecnologia una possibilità per vivere e dominare la realtà, quasi con un’illusione di potere tra le mani, che può essere spinto fino alla sensazione estrema di onnipotenza.

L’adolescenza è un momento delicato in cui l’identità personale è in evoluzione sul piano dell’immagine del sé, del rapporto con i genitori, del rapporto con gli altri, dell’identità di genere. Un periodo di massima vulnerabilità e fragilità, durante il quale si manifestano comportamenti di dipendenza rinforzati da una frenetica ricerca di emozioni e sensazioni nuove: l’impulsività che spinge a raggiungere la massima gratificazione possibile nel tempo più breve possibile — sintetizzato nella espressione del ‘tutto e subito’ — l’insicurezza e il desiderio di trasgredire le regole per affermarsi come persone autonome e relativamente indipendenti dai genitori e l’emulazione dei coetanei sono spesso alla base delle prime forme precoci di dipendenza.

Tra i numerosi studi scientifici che confortano la scelta dell’Istituto faentino, ci sono quello dello psicanalista Luciano Di Gregorio (Psicopatologia del cellulare, Franco Angeli, 2003), per richiamarsi a un lavoro di alcuni anni fa, o anche quello condotto più recentemente dal Dipartimento di Neuroscienze Cliniche e dal Dipartimento di Psicologia dell’Università di Palermo su 412 ragazzi di età compresa fra i 17 e i 21 anni, che parla di un 90% degli esaminati che soffre di dipendenza da internet, chat, blog e cellulare. Il bisogno di possesso rivela una radicale insicurezza e sfiducia, con risvolti negativi persino sul piano degli apprendimenti e della creatività. E a pagarne le spese sono i sentimenti, che non hanno mediazioni razionali: di qui — per dirla con il filosofo Umberto Galimberti (Repubblica.it, 9 febbraio 2004) — la voglia di «soddisfare un bisogno di sicurezza incrinato, da ricostruire con contatti continui, per non dire compulsivi». Un terreno di gioco molto scivoloso, quello dell’uso del cellulare: averlo diventa indispensabile, non averlo provoca ansia e disagio. Un gioco di relazioni con la tecnologia, che può facilmente prendere il sopravvento sull’uso della mente, sulla riflessione. E allora, facciam sì che già il rendersene conto sia un primo passo per cercare di cambiare le cose. Non vuol certo dire arrestare il progresso. Sia mai”.