L’ufficio propaganda del Comune di Ravenna (alias Stampa e Comunicazione), composto da quattro giornalisti e due operatori, ha taciuto alla cittadinanza che a metà luglio è andato in pensione l’ing. Flavio Magnani, dal 1996 capo dell’importante servizio Gestione e controllo dell’Edilizia privata, sostituito appena dopo dall’ing. Valeria Galanti, in arrivo dall’Unione dei Comuni lughesi. Dal 2005, Magnani svolgeva questo incarico con la qualifica di dirigente, che in un altro Comune della Romagna esercitava di ruolo già dal 1993 a seguito di un concorso pubblico. Galanti è stata promossa a tale qualifica solo ora, a titolo precario, e non per concorso, bensì nominata politicamente dal sindaco de Pascale attraverso una specie di “selezione” per titoli e colloquio, in cui la scelta del vincitore non la fa la commissione, bensì il sindaco stesso.

Galanti è stata l’8.o dirigente che l’attuale primo cittadino di Ravenna ha assunto per contratto, fuori concorso: i primi sei per confermare chi era già stato “arruolato” in questo modo da Matteucci, suo precedente collega; il settimo, per assegnare, sempre senza concorso, il comando della polizia municipale ad Andrea Giacomini, che dirigente non era, bensì capitano dei carabinieri. Tutti otto scadono perciò quando scade il loro sindaco (Testo Unico dei Comuni, art. 110, comma 3), a meno che de Pascale non venga rieletto per un secondo mandato come tutti i suoi predecessori, evento che adesso non è però sicuro. Per i primi sei, non c’è stata storia: avevamo facilmente previsto che avrebbero “vinto” i candidati che già occupavano (finanche dal 2001) il posto, “sconfiggendo” decine di ignari concorrenti. Pari certezza si è però manifestata anche per quest’ultima “selezione”, nonostante si sia trattato di una news entry. Appena scaduto il termine per la presentazione delle domande, il postino mi ha infatti recapitato una lettera che ha predetto il nome della futura “vincitrice”, per me sconosciuto. La lettera, pur non firmata, era così dettagliata, contenendo notizie molto interne al Palazzo, che, compiuto qualche accertamento, ho dovuto trasmettere tutto alla Procura della Repubblica per non incorrere, stante la mia funzione pubblica di consigliere comunale, nell’eventuale omessa denuncia di reato, sanzionata dall’art. 361 del codice penale. Sapevo tuttavia quanto sono difficili indagini del genere, causa il sottile velo di regolarità con cui queste “gare” vengono scientificamente confezionate da molti enti pubblici (da noi tutti).

Le domande di partecipazione alla “selezione” sono state 18, da varie parti d’Italia. 12 candidati sono stati ammessi al colloquio. Tra i tre migliori, secondo la commissione, il sindaco ha scelto, a suo insindacabile giudizio, l’ing. Valeria Galanti. Ne risulta sconfitto un professionista, di non maggiore età, che metto a confronto con la vincitrice valutando i rispettivi curriculum, pubblicati per legge sui siti internet dei rispettivi Comuni di provenienza.

  1. Vincitrice: non ha mai esercitato le funzioni di dirigente; occupava un’attinente posizione organizzativa non dirigenziale dal 2017; ha lavorato solo in Comuni della Bassa Romagna, il cui capoluogo conta 32 mila abitanti.
  2. Perdente: è un dirigente della pubblica amministrazione dall’anno 2015, dal 2017 presso il terzo Comune dell’Emilia-Romagna, che conta 184 mila abitanti; ha occupato un’attinente posizione organizzativa non dirigenziale dal 2006 al 2015 presso la Provincia di Bologna; agli inizi aveva lavorato anche presso la Provincia di Ravenna; mole e consistenza delle responsabilità e delle attività professionali esercitate non sono, a mio parere, neppure confrontabili.

Pur non obbligato, ritengo opportuno (per ora) non divulgare la lettera da me spedita alla Procura, essendo il mio ruolo esclusivamente politico-amministrativo. In tale veste ripropongo dunque il tema cruciale per la vita dei cittadini. Il Testo Unico dei Comuni fissa come cardine del sistema la totale autonomia della dirigenza nella gestione dei servizi comunali, nelle loro determinazioni (3.404 nel 2018), nelle certificazioni di regolarità che devono applicare alle deliberazioni del Consiglio e della Giunta comunale (1.006), nelle ordinanze (2.101). Di qui la domanda angosciosa: i dirigenti a contratto possono essere autonomi, quando non sono eroi, se dipendono dal sindaco la loro sorte professionale/familiare, nonché una carriera e una posizione di lavoro che può aumentarne o ridurne alla grande i compensi, e se i lauti premi di risultato sono definiti da una commissione “indipendente” nominata dal sindaco? Dalla risposta l’amara riflessione: tra classe politica e classe dirigente scelta dalla classe politica, l’amministrazione di questa città non può che essere quella le cui conseguenze sono purtroppo evidenti.