Il piazzale urbano che ha l’accesso carrabile da via Guaccimanni non è stato intitolato Largo Firenze per caso, ma per onorare la “Città d’Arte e di Cultura” (così definita nell’Odonomastica comunale) gemellata con Ravenna nel nome di Dante, avendogli dato i natali nel mentre la nostra gli è stata ospitale sul finire della vita. Il luogo è strategico, situato com’è a lato della zona dantesca, alla quale si congiunge dalla basilica di San Francesco tramite l’ingresso a fianco dell’abside; la strada pedonale che unisce Largo Firenze con via Mariani e il teatro (appunto) Alighieri ha del resto il nome di Boccaccio, l’eccelso scrittore contemporaneo di Dante, di cui è stato il primo grande estimatore e promotore dell’opera e della figura.
Avvicinandosi il VII centenario dantesco del 2021, ci sarebbero dunque molte ragioni per restituire la perduta dignità a Largo Firenze, che potrebbe anche diventare, adeguatamente attrezzato, lo snodo di un mirabile percorso turistico a piedi capace di collegare i monumenti della zona di San Vitale con quelli su via di Roma e dintorni, intersecando la zona dantesca.
Su Largo Firenze devastato dalla guerra, si è avuta una lunga serie di concorsi, idee e progetti volti a risanarne le ferite, tutti però inconcludenti. Il più noto è il progetto dell’arch. Carlo Aymonino, che ha dato vita al “Piano di recupero di iniziativa pubblica per la sistemazione di Largo Firenze”, approvato dal consiglio comunale, nonostante forti opposizioni, nel 1991. Anziché intervenire con soluzioni architettoniche eleganti e raffinate, che mantenessero la caratteristica del tessuto urbano di Ravenna formato da un’alternanza di verde e di giardini e da abitazioni ed edifici pubblici di dimensioni equilibrate, legando lo stile di Largo Firenze ai luoghi danteschi limitrofi, il progetto previde inaudite colate di cemento, che avrebbero addirittura triplicato la precedente volumetria dell’area (da 10 mila a 30 mila metri cubi). Il fallimento è evidente. La sola colata di cemento compiuta, tra quelle previste, è stata il Palazzo dei Congressi, incredibile per l’impatto aggressivo devastante e per la collocazione nel pieno centro storico, inaccessibile e disfunzionale.
Il piano regolatore vigente (PSC 2007) inserisce Largo Firenze all’interno di un vasto “Ambito ad attuazione indiretta ordinaria e/o a programmazione unitaria (POC)”, che parte da via Corrado Ricci e via Guaccimanni per arrivare a via Angelo Mariani. Un quadrilatero ideale, se convenientemente progettato in funzione del 2021, che però non ha avuto seguito. Il POC 2010-2015, che ha cancellato il piano Aymonino, non ha fatto altro che destinare Largo Firenze a parcheggio da 80 posti, sia pure opportunamente arredato e integrato nel verde e valorizzandone il contesto storico con opportune risoluzioni architettoniche/artistiche/paesaggistiche. Cioè il minimo del decoro. Ma neppure questo si è avuto.
Oggi Largo Firenze è solo uno squallido e caotico parcheggio di periferia del quarto mondo, oltretutto a pagamento. Uno spettacolo da tenere lontano dagli occhi dei turisti e dei visitatori. La pavimentazione è la più sfasciata e malridotta possibile, come si può vedere nelle quattro foto allegate, fornitemi da Severino Francisconi (g.c.). Arredi, verde e servizi zero.
Da dichiarazioni politiche non validate sul piano amministrativo, si è saputo che la giunta comunale vorrebbe mantenere il parcheggio semplicemente meccanizzandolo, stile ospedale civile e piazza Baracca. Soluzione meno scandalosa, ma sempre un pugno nell’occhio della “Città d’Arte e Cultura”, quale, non meno di Firenze, è Ravenna.
Ciò premesso,
il consiglio comunale di Ravenna dà mandato al sindaco e alla giunta comunale
di proporre al consiglio stesso, entro il primo semestre 2019, un piano particolareggiato di riqualificazione di Largo Firenze, il quale, per quanto essenziale e a breve termine di fattibilità, in vista delle celebrazioni del VII centenario dalla morte di Dante, si inserisca virtuosamente, come indicato dal vigente Piano Strutturale Comunale PSC 2007, nel contesto storico e culturale che gli è proprio, rappresentato dall’adiacenza con la zona dantesca e dalla prossimità col teatro Alighieri.