«La recente iniziativa del sindaco di Palermo Leoluca Orlando, che ha disposto per il proprio comune sospensione degli effetti di “qualunque procedura che possa intaccare i diritti fondamentali della persona con particolare, ma non esclusivo, rifermento alle procedure di iscrizione della residenza anagrafica” derivante dalla recente L. 132/2018 (cosiddetto “decreto sicurezza” o “decreto Salvini”) ha scatenato una battaglia di “opposta propaganda”, che non ci appassiona. Troviamo però corretta tale iniziativa e dunque invitiamo tutti i sindaci della nostra Regione ad imitare il loro collega di Palermo». Intorno al dibattito sul decreto sicurezza, voluto dal ministro dell’Interno Matteo Salvini, si unisce la voce del Partito Comunista Italiano dell’Emilia-Romagna e del suo segretario Paolo Viglianti.

«Lo facciamo non per “buoni sentimenti”, che pure potremmo almeno in parte condividere, ma per difendere proprio quella sicurezza e quella vivibilità che, a parole, il decreto dice di voler rafforzare. Sulla costituzionalità o meno della legge in questione si pronuncerà chi di dovere, ma in attesa di ciò ci allarma fortemente il rischio di incertezza, variabilità delle situazioni, caos procedurale che può nascere da una norma non ben inserita nel preesistente dispositivo che riguarda i diritti dei singoli, ed in particolare l’accesso ai servizi primari forniti o regolati dai Comuni. Con il risultato paradossale, ma forse voluto, che l’effetto del decreto sia quello di diminuire, anziché incrementare, la sicurezza dei cittadini, a partire proprio da quei “cittadini italiani” che la destra al governo dice di voler difendere e privilegiare. Nonché a peggiorare ulteriormente le condizioni sociali e di vivibilità delle nostre città e paesi.

Il fenomeno delle migrazioni non si affronta né con una indistinta accoglienza, né, e tanto meno, in esclusiva chiave repressiva e securitaria. Occorre un approccio organico al problema, che probabilmente non interessa realmente alla Lega e i suoi alleati, che ci pare lavorino non per la difesa dei diritti degli italiani, quanto per la compressione ulteriore dei diritti dei lavoratori. Di tutti i lavoratori, italiani e immigrati. Ed in questo, pur nella diversità dei mezzi e dei metodi, non si differenziano dagli ultimi governi che li hanno preceduti…

A cosa possono portare, infatti, politiche i cui unici e soli “prodotti” saranno l’incremento della massa di diseredati che vivono ai margini della nostra società e la sempre minore capacità di controllo di essi? Porteranno, da una parte, l’ampliamento di quella diffusa microcriminalità che crea paura e insicurezza, e che diviene alibi per un sempre più stringente, invasivo, controllo poliziesco, per la rinnovata militarizzazione del territorio, per la restrizione degli spazi di libertà per tutti. Per tutti, certo, non solo e neppure tanto, in fondo, per i criminali, piccoli o grandi che siano.

Dall’altra parte, e ci pare ancora più pericoloso, questo numero crescente di disperati, privi di ogni diritto e quindi disposti ad accettare qualunque ricatto pur di trovare un modo di sbarcare il lunario, costituiranno una formidabile arma per l’ulteriore compressione dei redditi, delle garanzie e dei diritti dei lavoratori, nonché per stroncare ogni  rivendicazione dei lavoratori italiani.

Quale futuro dunque per i nostri giovani, se da una parte non si inverte la tendenza degli ultimi governi, che hanno smantellato una ad una tutte le conquiste di decenni di lotte operaie, e dall’altra si cavalca il fenomeno dell’immigrazione con questi fini e metodi? Abbiamo il dovere di difendere i diritti primari degli immigrati. Non certo per “buonismo” o per un pur lodevole sentimento di solidarietà umana, ma per la difesa dei diritti di tutti i cittadini, dei lavoratori, dei precari e dei disoccupati».