A seguito della richiesta avanzata da tutti i consiglieri di opposizione già nell’agosto scorso, il consiglio comunale di Ravenna si riunirà il prossimo 2 ottobre in seduta speciale, alla presenza del direttore generale dell’AUSL Romagna Marcello Tonini, per discutere, su inefficienze e lacune della sanità pubblica a Ravenna, in particolare dell’ospedale Santa Maria delle Croci. In previsione dell’incontro, Lista per Ravenna ha effettuato un proprio sondaggio informale, ascoltando al riguardo alcuni quadri tecnici e numerosi utenti, dai quali ha raccolto un diffuso malcontento per il generale decadimento dell’offerta di salute. Senza alcuna pretesa di esaustività, stante la complessità della materia, abbiamo sintetizzato in sette punti, con l’aiuto di Gianfranco Spadoni, consigliere della Provincia, nostro esperto, le croci del servizio sanitario più additate.
- AUSL delle quattro Romagne – L’AUSL Romagna, mai decollata, in realtà è una confusa macedonia delle quattro ex aziende romagnole, da cui emergono quelle politicamente forti di Cesena e Rimini, affossando in particolare quella più debole di Ravenna, con l’aggravante della dispersione e sconnessione dei centri di comando e di gestione. Il progetto del nuovo grande Bufalini di Cesena, di cui si parla con insistenza come ospedale della Romagna, ma che è stato formulato senza il dovuto coinvolgimento dei vari comprensori territoriali, prospetta l’inevitabile depotenziamento degli altri nosocomi, a cominciare da quello maggiore, qual è il nostro Santa Maria delle Croci. L’integrazione delle quattro AUSL avrebbe dovuto migliorare l’efficienza e l’economicità dei servizi. Ma i presunti vantaggi economici sono stati solo a carico dei pazienti, costretti a recarsi a proprie spese nei vari centri sanitari di Area Vasta fuori Ravenna, e del personale.
- Personale carente e sfruttato – La madre di tutte le sofferenze consiste proprio nella scarsità del personale e nei numerosi posti vacanti in organico. Per alcune professionalità, si fa leva sulla stabilizzazione dei precari, ma con procedure di assunzione di estenuante lentezza. Si opera in continuo affanno, con frequenti doppi turni, oppure con contratti a termine o con personale ancora da formare dopo il periodo di affiancamento. In alcuni reparti, il posto di primario è ancora vacante; in altri casi, si provvede con dei facenti funzione.
- Pronto soccorso zavorrato – Non si può parlare di inefficienza del pronto soccorso in senso stretto, quanto dell’abnorme affluenza dei codici bianchi, che ne rallentano notevolmente la normale attività (verso i pazienti che presentano situazioni di emergenze-urgenze, o condizioni patologiche o traumatiche, che richiedono immediati interventi diagnostici e terapeutici). Causa primaria di tale zavorramento è il mancato decollo delle Case della Salute, che avrebbero dovuto assumere le funzioni di primo intervento, rappresentando un filtro all’accesso ospedaliero. È stata fatta molta propaganda su questa vantata riforma, che però, agli effetti pratici, non ha cambiato nulla, se non prodotto effetti contrari ad ogni obiettivo di razionalizzazione.
- Medicina generale stressata – L’Unità operativa di Medicina è l’anello debole del sistema clinico locale non per la qualità e il lavoro dei medici, degli infermieri e del personale operativo, ma per i carichi di lavoro, fortemente superiori alle loro forze, che li sottopone, oltretutto in spazi gravemente ristretti, a turni massacranti. Ne risentono le prestazioni, che richiedono massima attenzione, le condizioni di sicurezza e i pazienti stessi, penalizzati anche da dimissioni affrettate. Pur rappresentandone la branca centrale, questo reparto rappresenta la vera criticità dell’ospedale. Senza la copertura del posto di primario e in tali pesanti condizioni operative, è difficile proporne una collaborazione stabile con l’Università in ambito medico.
- Cardiologia a rischio di infarto – L’Unità operativa di cardiologia, che dovrebbe essere l’eccellenza di Ravenna, tanto che l’ex primario era direttore del Dipartimento cardiovascolare dell’AUSL Romagna, sta gradualmente perdendo funzioni. Manca da troppo tempo il nuovo direttore, le cui funzioni sono supplite solo in alcune giornate dal primario dell’ospedale di Rimini, in tal modo indebolendo Ravenna, specie nella branca della cardiologia interventistica (quanta attività si è perduta a favore di Rimini?). Vanno letti positivamente il collegamento e l’integrazione con Villa Maria di Cotignola, ma non senza una concreta implementazione dei punti di eccellenza del servizio pubblico e senza depotenziare le unità cardiologiche del territorio.
- Riabilitazione provvisoria – Nel febbraio 2013, la Medicina riabilitativa, sfrattata dalla propria ampia ex palazzina connessa all’ospedale, fu collocata provvisoriamente, quanto impropriamente, all’interno del CMP di via Fiume Abbandonato, con gravi problemi di spazio e disfunzioni operative, che, dopo un’accesa battaglia di Lista per Ravenna, sono stati solamente leniti. Tale provvisorietà sembra diventata perenne. Pare che esista un progetto a lunga scadenza per realizzare ex novo un Centro di medicina riabilitativa. Ma nel frattempo si potrebbe, come da noi proposto da tempo, utilizzare una parte dei locali interni all’ospedale lasciati liberi dopo i trasferimenti di Cardiologia e Ortopedia nel DEA. Pur riconoscendo la buona qualità dell’attuale servizio, si migliorerebbero la gestione del personale e i rapporti coi vari reparti ospedalieri, ottenendo anche spazi più adeguati per le palestre e gli ambulatori.
- Servizio veterinario claudicante – La presenza del porto, con un passaggio/stoccaggio di mangimi e commercio di alimenti che movimenta 3,5 milioni di tonnellate di prodotti, vegetali, minerali e di origine animale destinati all’alimentazione degli animali, rende necessario un servizio veterinario a 360 gradi, in altre parole l’istituzione di una specifica Unità operativa per la vigilanza e il controllo degli alimenti. Oltre alle aree della sanità animale e dell’ispezione/controllo delle derrate di origine alimentare, serve, onde limitare i rischi per la salute degli animali, dell’uomo e dell’ambiente connessi all’utilizzo improprio di alimenti zootecnici, anche l’area dell’igiene degli allevamenti e delle produzioni animali, prevista solo sulla carta.