Il gip del tribunale di Ravenna Janos Barlotti ha applicato la misura della custodia cautelare in carcere per i quattro componenti della banda di malviventi arrestati ad inizio settimana dai carabinieri della Compagnia di Faenza, che, al termine dell’operazione “Skifterat“, hanno smantellato un sodalizio di albanesi dediti ai furti nelle abitazioni. Durante gli interrogatori di convalida dei fermi, soltanto uno ha risposto alle domande del giudice ed ha ammesso tutti gli addebiti, mentre gli altri tre si sono avvalsi della facoltà di non rispondere.
Nel periodo in cui erano sotto indagine, alcuni componenti della banda avevano progettato di recarsi in Germania per mettere a segno dei furti approfittando dell’appoggio di alcuni connazionali che vivono lì; tuttavia avevano lasciato intendere che poi sarebbero tutti rientrati a Ravenna, facendo quindi venire meno l’ipotesi di un concreto pericolo di fuga che durante i mesi d’indagine i carabinieri di Faenza non avevano mai escluso, rimanendo alle costole dei malviventi sia di giorno che di notte proprio per evitare che potessero “sparire”, visto che alcuni di loro erano anche irregolari sul territorio nazionale.
Il pubblico ministero Lucrezia Ciriello, che ha coordinato le indagini dei militari dell’Arma sin dalle prime battute, aveva messo in risalto nei provvedimenti di fermo come i quattro albanesi avessero costituito un sodalizio ben organizzato che quasi tutti i giorni “batteva” il territorio ravennate e di altre province limitrofe per mettere a segno dei furti in abitazione in modo seriale e standardizzato, intendendo tale attività come un vero e proprio “lavoro” a loro necessario per sostenersi, come ammesso davanti al giudice dall’unico componente della banda che ha deciso di rispondere nell’udienza di convalida.
Con un provvedimento di circa una cinquantina di pagine, il giudice ha analizzato tutti i capi di imputazione formulati dal pubblico ministero, che riguardano decine di furti in abitazione commessi dalla banda di ladri nell’arco degli ultimi mesi. Alla fine, ha disposto il carcere per tutti gli arrestati, ritenendo le loro modalità predatorie “assolutamente allarmanti“ visto che si disinteressavano dell’eventuale presenza in casa dei derubati, come documentato in più occasioni dai carabinieri.
Alla base della decisione del giudice, oltre ad un concreto pericolo di reiterazione dei reati, ha inciso la serialità degli episodi e l’organizzazione interna della banda, ritenuta “molto efficace” soprattutto quando il sodalizio agiva al completo. Inoltre, il g.i.p. ha valutato tutti gli arrestati privi di freni inibitori e senza la “minima capacità di autocontrollo“, sottolineando che per loro rubare costituiva l’unica fonte di sostentamento visto che nessuno aveva un’occupazione regolare. Sempre nelle conclusioni del provvedimento di custodia cautelare si legge che i quattro sono stati ritenuti di “elevatissima pericolosità sociale” oltre che “assolutamente indifferenti al rispetto delle regole di pacifica e civile convivenza“, considerato il loro modus operandi allarmante ed estremamente pericoloso per l’incolumità personale delle vittime dei furti, che in diverse occasioni si sono trovate “faccia a faccia” con i ladri.
In tale contesto è emblematica la registrazione prodotta dai carabinieri che riguarda il racconto di un furto nell’abitazione di due anziani da parte di uno dei componenti della banda, il quale aveva poi confidato spavaldamente alla fidanzata come avrebbe voluto “ammazzare” la signora che lo aveva scoperto nella camera da letto.
Nel frattempo, continua l’attività dei carabinieri tesa all’individuazione di altre vittime dei furti che ancora mancano all’appello in quanto non hanno ancora sporto denuncia.