Un artista poliedrico, apprezzato sia come attore di cinema e teatro che come presenza televisiva, e soprattutto dotato di una carica comunicativa infallibile, si unisce a un quartetto dal singolare e avvincente organico strumentale – quasi un quartetto d’archi tradizionale, in cui il secondo violino è sostituito da un flauto, arricchito di chitarra e percussioni – e propone un omaggio a quel poeta in musica che era Fabrizio De André: la proposta è di quelle che il pubblico di Ravenna Festival non può rifiutare. Si tratta di Neri Marcorè che con il GnuQuartet va in scena, giovedì 27 giugno al Pavaglione di Lugo, alle 21, in un omaggio a Fabrizio De André dall’eloquente titolo Come una specie di sorriso. Lo spettacolo è realizzato con il contributo di GVM Care & Research, La BCC – Credito Cooperativo Ravennate, Forlivese e Imolese e Confartigianato Ravenna.
E il tributo di Ravenna Festival al grande poeta e cantautore genovese non si esaurisce qui, perché la sera seguente, venerdì 28 giugno sempre alle 21, sarà invece uno dei massimi esponenti della composizione italiana, il premio Oscar Nicola Piovani, a includere nel suo La musica è pericolosa, concertato di ricordi e storie ispirate al suo omonimo libro, proprio la figura di De André. E sempre in quella straordinaria piazza che è il Pavaglione di Lugo, l’imponente quadriportico settecentesco che domina il centro romagnolo, e che da questa edizione assume un ruolo di primo piano tra i luoghi scelti dal Festival.
Dunque, mentre a Palazzo Rasponi di Ravenna è ancora in corso – fino al 30 giugno – la mostra dedicata proprio a De André, quel verso tratto da una delle sue canzoni più famose, “Il pescatore” – forse non a caso quella che la vulgata vorrebbe concepita di fronte al mare ravennate, in compagnia dell’amico pescatore Bepi sulla cui barca De André amava concludere le giornate – racchiude un omaggio non solo alle pagine più celebri ma soprattutto a quelle meno conosciute, in una sorta di percorso poetico e musicale che non può esaurirsi nei confini del genere “canzone”. Neri Marcorè, che in questa occasione veste i panni meno noti al grande pubblico di cantante e chitarrista – “questo non fa di me un cantante, anche se ormai è quello che faccio di più” – propone un repertorio arricchito degli arrangiamenti sofisticati di Stefano Cabrera, violoncello del GnuQuartet di cui fanno parte anche Roberto Izzo al violino, Raffaele Rebaudengo alla viola e Francesca Rapetti al flauto; a loro si uniscono le percussioni di Simone Talone, la chitarra di Domenico Mariorenzi e le voci di Flavia Barbacetto e Angelica Dettori. In un affresco strumentale e vocale capace di trascinare il pubblico in un emozionante viaggio attraverso i testi immortali del grande Faber.
Il risultato è un concerto che, secondo lo stesso Marcorè, è anche un progetto di diffusione di idee perché, come egli stesso spiega, “le musiche e i testi di De André mi piacciono perché offrono un punto di vista molto particolare: Fabrizio era un uomo senza pregiudizi, sempre dalla parte dei più deboli, degli oppressi, delle minoranze e dei diversi, senza barriere mentali. Allora, per esempio con brani come Smisurata preghiera, si trattano i soprusi delle maggioranze, l’immigrazione… e provo a spiegare quello che lui diceva proprio eseguendo quelle canzoni”. Così non si tratta semplicemente di una serata di “canzoni una dietro l’altra, perché – racconta sempre Marcorè – ho voglia di trovare l’attualità tra quelle parole che sembrano scritte oggi”. Insomma, una statura morale ed etica che va al di là del fatto musicale, ma che in esso si estrinseca fino in fondo, spingendo chi ne raccoglie l’eredità a ripercorrere i suoi versi e le sue musiche. Oggi necessari più che mai.